martedì 5 luglio 2011

Socialismo scientifico, cosa sappiamo ?

Quando sono emerse le idee del socialismo scientifico, queste erano già state precedute da quelle del socialismo utopistico, il quale, a sua volta, aveva preso le mosse dalla rivoluzione francese e dalla rivoluzione industriale inglese, cercando di dare alla connotazione "borghese" della nuova civiltà un risvolto "proletario", cercando cioè di unire alla democrazia "politica" quella "sociale", o comunque di estendere la democrazia politica a tutte le classi, anche a quelle non borghesi (questa è stata la lezione di Babeuf e Buonarroti in Francia e del cartismo inglese).
Il fatto che dopo l'apice della rivoluzione borghese (raggiunto in Francia, non in Inghilterra e neppure negli Stati Uniti) si cominciasse già a porre all'ordine del giorno la necessità di una rivoluzione operaia, è indice che la storia del genere umano si sta lentamente avvicinando alle premesse da cui era partita, e cioè al comunismo primitivo (quello che si è cominciato a studiare solo a partire dalla seconda metà dell'Ottocento).
Infatti, sin dal momento in cui s'era affermato lo schiavismo, i tentativi di realizzare delle esperienze di "socialismo", alternative all'antagonismo delle civiltà basate sullo sfruttamento del lavoro altrui, sono stati nel complesso molto pochi o comunque poco significativi, o forse sarebbe meglio dire poco efficaci, non risolutivi.
I motivi di questa inefficacia possono essere cercati sia nel fatto che lo sfruttamento non aveva ancora una dimensione così universale e così totalizzante, sia nel fatto che persistevano ideologie illusorie, di tipo religioso.
Se prendiamo infatti il tentativo del cristianesimo primitivo (quello del movimento nazareno), dobbiamo dire non che esso sia stato poco significativo, ma che, in relazione all'obiettivo di liberare la Palestina dai romani, è stato senza dubbio del tutto inefficace, in quanto la rivoluzione fallì, sia perché tradita, sia perché non trovò sufficiente coerenza e determinazione da parte dei seguaci del Cristo, i quali, ad un certo punto, presero a predicare qualcosa di diverso da quello del loro leader.
Altri tentativi li troviamo nelle rivolte degli schiavi sotto l'impero romano; nelle rivolte dei contadini contro i loro signori, laici ed ecclesiastici; nelle prime rivolte operaie contro i protocapitalisti (p.es. il tumulto dei Ciompi nel 1378).
Schiavi, servi della gleba, operai salariati hanno più volte cercato di opporsi con la forza allo sfruttamento perpetrato dai loro padroni, ma non vi sono mai riusciti con successo (si pensi solo al disastro della guerra contadina nella Germania luterana).
Le rivoluzioni delle classi non abbienti hanno cominciato ad avere un certo successo solo con la nascita del socialismo scientifico. Questo a testimonianza che l'epoca delle civiltà basate sull'antagonismo di classe è entrata in una fase di irreversibile declino. Le masse sfruttate sono sempre meno disposte a credere in chi predica la conciliazione delle classi.
Il compito di riportare l'umanità alla condizione originaria si sta imponendo con tanta più urgenza, quanto più pericolosa per la sopravvivenza del genere umano privo di mezzi si sta rivelando questa civiltà dominante.
L'umanità oppressa deve prendere consapevolezza della propria forza, della necessità di rinunciare alle illusioni riguardo alla volontà riformatrice dei poteri dominanti. Questi poteri creano guasti anche contro le loro migliori intenzioni: sono strutturalmente antidemocratici.
Le idee del socialismo scientifico vanno al di là delle loro realizzazioni pratiche, che sono sempre limitate da condizionamenti storici di varia natura. Sono idee che, prese in sé, risultano infinitamente più giuste di qualunque altra ideologia borghese o religiosa.
Ai tempi di Marx, nessun economista borghese poteva reggergli il confronto, anche se oggi i nostri manuali di economia politica lo liquidano in pochi paragrafi. E ai tempi di Lenin, nessun politico borghese e nemmeno nessun politico o teorico sedicente "marxista" era in grado di tener testa alla sua dialettica, anche se oggi Lenin, dopo il crollo del "socialismo reale", viene considerato meno di zero.
Eppure basta leggersi i loro testi per capire che le loro ragioni, rispetto a quelle degli avversari, erano enormi e che essi hanno dato un contributo senza paragoni allo sviluppo del pensiero umano.
Il fatto che varie esperienze di socialismo siano fallite non va imputato a loro più di quanto non vada imputato ai loro seguaci, i quali purtroppo non hanno avuto pari capacità nell'applicare i principi del socialismo scientifico.
Una civiltà basata sul socialismo democratico non può che essere fondata sulla libertà; ogni altra forma di edificazione è destinata a crollare. Tuttavia con questo non crolla l'idea di socialismo, proprio perché fino a quando persiste l'antagonismo sociale (che attualmente chiamiamo col come di "capitalismo") persiste anche l'esigenza di superarlo. L'antagonismo tra le classi è infatti, sotto il capitalismo, la regola non l'eccezione.
I periodi di relativa calma, di sviluppo più o meno pacifico del capitalismo sono transitori, intercalati da guerre devastanti (locali, regionali e mondiali), e sono sempre caratterizzati da uno sfruttamento massiccio di risorse coloniali o neocoloniali. Senza questo persistente saccheggio mondiale, il capitalismo sarebbe crollato da un pezzo, sotto il peso delle proprie insanabili contraddizioni.
Quando Lenin diceva che in virtù di questa rapina planetaria nei confronti delle nazioni più deboli, si era formata nelle nazioni più forti una sorta di "aristocrazia operaia", protetta da sindacati e partiti riformisti, cioè una categoria di lavoratori che invece di lottare per la rivoluzione, invece di porsi a fianco del proletariato e sottoproletariato terzomondista, si accontenta di poter avere un salario sufficiente per campare; quando Lenin diceva questo, costatando che in Europa occidentale era impossibile, in tali condizioni, operare delle svolte rivoluzionarie, aveva torto o ragione? I fatti non gli hanno forse dato ragione?
Tutta la sua critica nei confronti della II Internazionale non era forse giusta? Solo dei socialisti in malafede potevano avere il coraggio di attribuire lo scoppio della prima guerra mondiale alle sole forze borghesi e alle vecchie dinastie in sfacelo e non anche alla complicità, al collaborazionismo, alle connivenze più o meno esplicite, più o meno dirette da parte degli stessi partiti socialisti, che allora rappresentavano in Europa occidentale (e se vogliamo nel mondo intero) il massimo della consapevolezza critica contro il capitalismo.
Come poter dar torto a Lenin quando criticava questi partiti di aver preso le difese delle loro rispettive borghesie nazionali, tradendo i principi dell'internazionalismo ed evitando così in tutti i modi di trasformare la guerra imperialistica in guerra civile?
Noi non dobbiamo considerare il crollo del "socialismo reale" come un segno della debolezza delle idee del socialismo scientifico, ma, al contrario, come una dimostrazione che quelle idee sono giuste solo se vengono realizzate coerentemente. Il socialismo scientifico è tale solo se è "democratico".
Ogni altra forma di socialismo è destinata a soccombere, anche senza una vittoria da parte del capitalismo (infatti s'è parlato di "implosione"). E se questo è vero per il socialismo, che ha una teoria infinitamente più democratica di quella liberal-boghese, a maggior ragione lo è per il capitalismo, la cui sorte è irrimediabilmente segnata, e il fatto che lo sia è già stato dimostrato scientificamente dallo stesso socialismo.
Il capitalismo può reggersi in piedi solo sfruttando impunemente ingenti risorse umane e naturali, solo reagendo con guerre e conflitti d'ogni genere a chi si oppone a tale sfruttamento.
La natura si difende alla sua maniera, ma finché non reagiscono anche le masse oppresse, il capitalismo continuerà a sopravvivere.
Ecco perché nei confronti di questo sistema sociale non si può essere teneri, non si può tergiversare, non si può scendere a compromessi.
Qualunque ritardo nella lotta contro il capitale non fa che aumentare le sofferenze a milioni di persone.
Noi dobbiamo tornare al comunismo primitivo, con la consapevolezza di tutti i fallimenti delle civiltà basate sull'antagonismo di classe.
Il leninismo ha aggiunto il lato "politico" al marxismo, ch'era prevalentemente basato sullo studio dell'economia politica. Ora al leninismo bisogna aggiungere il lato "umano", che è un tutt'uno con quello "naturale" dell'ambientalismo.

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