giovedì 14 luglio 2011

Stangata, si può fare di più


Stangata, si può fare di più

Sit-in della Cgil Bat davanti alla Prefettura contro una “manovra iniqua”. Mobilitazione a Barletta, in piazza Real Monte di Pietà, a partire dalle ore 10.00 di venerdì, 15 luglio. La scure della manovra Tremonti si abbatte, ancora una volta, sul ceto medio della popolazione. Con la stretta a sorpresa sulle pensioni, oltre i 1400 euro sarà dimezzata la rivalutazione, ad essere colpita è la fascia più debole degli italiani. Non solo, la stangata sui risparmi si abbatterà anche sulle famiglie. Nella finanziaria è prevista un’imposta che premia i ricchi e penalizza i piccoli risparmiatori, ovvero, lavoratori dipendenti e famiglie a reddito medio basso. Sono loro, infatti, i cittadini più colpiti dall’aumento dell’imposta di bollo sul deposito titoli che passa da 34,20 euro all’anno fino a 120 euro E così, in occasione della manifestazione nazionale indetta dal sindacato davanti a tutte le Prefetture d’Italia per protestare contro la manovra, venerdì 15 luglio, i rappresentanti della Cgil della provincia di Barletta – Andria – Trani si ritroveranno in un sit-in a Barletta, in piazza Real Monte di Pietà, davanti alla sede dell’Ufficio Territoriale del Governo. Manifesteremo davanti alla Prefettura – afferma Luigi Antonucci, segretario generale Cgil Bat – perché la manovra economica Berlusconi-Tremonti colpisce, ancora una volta, i più deboli. A pagare, come sempre, sono i lavoratori che già devono ogni giorno fare i conti con il precariato e la cassa integrazione. Non esageriamo se definiamo questo provvedimento sbagliato, iniquo, ingiusto e dal forte carattere recessivo. Non è una manovra economica utile – prosegue il numero uno della Cgil Bat – perché sceglie di tagliare sulle pensioni, sulla sanità, sul pubblico impiego, cioè sul ceto medio. Abbattere i fondi agli enti locali e alle regioni significa compromettere i servizi al cittadino. La politica dei tagli non può più funzionare. Bisogna rimettere in moto il Paese. La nostra proposta – conclude Antonucci – è che si sposti il peso della tassazione fiscale dai pensionati e dai lavoratori verso le grandi ricchezze e le rendite finanziarie. Solo così si troverebbero le risorse per pensare alla crescita del Paese e per rimettere in moto l’economia.
Ufficio Stampa CGIL BAT
Redazione- Solo due parole sulla manovra economico-finanziaria. Ad una prima visione del testo (almeno così come divulgato officiosamente dal sito dell’ANSA ieri sera) non c’è da stare molto allegri: i più colpiti, infatti, sembrano proprio i ceti medi, i piccoli risparmiatori, i pensionati: c’è l’aumento del ticket, l’aumento dell’imposta sul dossier titoli, il blocco della rivalutazione delle pensioni, il congelamento degli stipendi per il Pubblico Impiego. Insomma, a farne le spese sembrano proprio tutti coloro che in maggior parte hanno votato centrodestra! A parte qualche frustata sull’IRAP di banche e assicurazioni, la Manovra non ha certo tocca i “soliti noti” privilegiati. Pensiamo solo alla farsa dei tagli ai costi della politica e ai rimborsi, rinviati alla prossima legislatura; pensiamo solo alle Province, di cui non esiste uno straccio di piano per l’abolizione, nonostante il Programma leghista del 2009. C’è l’accorpamento dell’ICE (Istituto Commercio Estero) al Ministero dello Sviluppo Economico, tanto voluto da Emma Marcecaglia, ma non c’è alcun taglio agli enti inutili, ai ministeri, ai tribunali da accorpare, agli ospedali inefficienti e pericolosi da chiudere. Cigliegina sulla torra, la nuova norma ad aziendam per consentire a Fininvest di non sborsare 750 milioni a De Benedetti, poi ritirata dal premier investito da critiche da tutte le parti. Un bilancio da cornuti e mazziati? Dipende. Certo, di primo impatto, la legge finanziaria suona di insulto per gli elettori di centrodestra, per i motivi sopra citati. Per dovere di cronaca, però, dobbiamo anche aggiungere che l’approvazione della Manovra porta ormai con sè un complesso indotto di leggi (più o meno “collegate”), di modo che per un corretto bilancio dell’azione governativa, occorre giudicare non solo la singola Manovra finanziaria, ma su tutti i provvedimenti collegati. C’è anzitutto, tra i provvedimenti collegati, la discussa delega fiscale che, a detta dei tecnici di Tremonti, dovrebbe consolidare alcune linee di riforma, specie nel settore più delicato, quello delle rendite finanziarie. Al riguardo, Tremonti ha assicurato che nella delega fiscale sarà previsto un regime fiscale di favore per chi investe in azioni etc. nell’ambito di piani pensionistici: una misura che non è da rigettare a priori, perchè non si può trascurare l’opportunità di investimento che potrebbe generare in termini di previdenza specie per chi, come i giovani d’oggi, giungerà al traguardo pensionistico con forti penalizzazioni. Allo stesso modo, deve apprezzarsi la riforma dei regimi forfettari “minimi” di cui all’attuale art. 27, che di fatto istituisce un doppio binario per giovani o disoccupati insturt up (che scontano l’aliquota forfettaria al 5%) e per chi è destinato a fuori uscire per aver aperto attività prima del 31 dicembre 2007 (che pagherebbe ad aliquota marginale, ma esente da IRAP e IVA). Se è demagogico ritenere che da questa misura dipenda il rilancio dell’economia (come ritiene Sacconi), è comunque auspicabile che il Tesoro utilizzi questi regimi come strumenti per “stabilizzare” (con equità) la tassazione dei piccolissimi ”contribuenti autonomi” che, sotto il pretesto del basso reddito e della precarietà del lavoro, troppo facilmente riescono a sfuggire all’imposizione fiscale. Si consideri altresì che il giudizio sulla fiscalità italiana, da quest’anno in avanti, sarà necessariamente condizionato dalla resa del sistema di “federalismo fiscale” che a poco a poco sta entrando in vigore: quindi, attenzione a parlare troppo facilmente di “tagli orizzontali” ai trasferimenti, perchè da ora in avanti il fronte dei trasferimenti statali agli Enti Locali andrà necessariamente a ridursi, date le nuove competenze di auto-finanziamento e di auto-tassazione dei Comuni, Province etc. Il quadro, quindi, che ne deriva è sufficientemente complicato e la prudenza è assolutamente d’obbligo. Il vero punto degno di nota di questa Finanziaria è l’evidentestress di Governo e Ministero dell’Economia, che sembrano aver partorito la Manovra come fosse un parto plurigemellare, come attesta eloquentemente il lasso di tempo intercorso tra approvazione della manovra (giovedì) e consegna del Decreto per la firma del Quirinale (lunedì sera): un lasso di tempo troppo lungo per non far pensare a incertezze, forse manovre sottobanco all’interno del Governo (non escluso forse il tentativo di delegittimare Tremonti nella sua capacità decisionale). Ma la vicenda sugli incentivi sulle rinnovabili e sul blocco delle rivalutazioni è emblematica: uno, infatti, potrebbe dire, ma perchè discutere, ritoccare i Decreti quando questi avrebbero dovuto già essere approvati? Perchè ecologisti e sindacati si sono accorti delle norme dopo la loro approvazione e attraverso i media? Non avrebbero potuto discuterne prima del Consiglio? Cosa sia successo non è del tutto chiaro, ma, se Berlusconi e Tremonti si sono rassegnati a trattare la Finanziaria di fatto più sui media, bypassando di fatto il Consiglio dei Ministri (con una gestione “corporativa” che, per molti aspetti, ricorda da vicino il tentativo mussoliniano tra il 1941-42 di “governo con i Direttori Generali dei Dicasteri”), ciò la dice lunga sulla coesione di un Governo, di fatto privo di maggioranza (alla Camera) e tenuto su (con lo sputo, si direbbe) da veti incrociati di forze politiche che sempre meno credono nella loro collaborazione. E cosa sarà il quadro politico l’anno venturo, quando Tremonti dovrà rincarare la dose dei tagli? E’ doveroso e opportuno meditare e valutare se, data la gravità della fase economica che il Paese sta attraversando, non sia meglio andare a elezioni, o nominare (se possibile) un nuovo Esecutivo che si faccia carico del risanamento del Paese.
Arezzo polis

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