« Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro.[1] »
(Pietro Nenni)
Il socialismo è un ampio complesso di ideologie, orientamenti politici, movimenti e dottrine che tendono a una trasformazione della società in direzione dell'uguaglianza di tutti i cittadini sul piano economico e sociale, oltre che giuridico. Si può definire come economia che rispecchia il significato di "sociale", che pensa a tutta la popolazione. Originariamente tutte le dottrine e movimenti di matrice socialista miravano a realizzare detti obiettivi attraverso il superamento delle classi sociali e la soppressione, totale o parziale, della proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio; con la rivoluzione bolscevica (1917) e la costituzione della Terza internazionale (1919) l'ala rivoluzionaria del socialismo si distaccò organizzandosi nei partiti comunisti, mentre i partiti socialisti, ormai orientati in senso riformista e inseriti nei sistemi democratico-borghesi dei diversi paesi, per lo più presero gradualmente le distanze dal marxismo e recuperarono le istanze liberali dell'utopismo socialista pre-marxista, dando vita al socialismo democratico, alla socialdemocrazia e al socialismo liberale.
Indice [nascondi]
1 Introduzione generale
2 Le origini: il Socialismo Utopistico
3 Il socialismo scientifico e le sue derivazioni
4 Il "Revisionismo"
4.1 Il Socialismo democratico
5 Il "Socialismo rivoluzionario"
6 Socialismo di Stato
7 Socialismo italiano
8 Note
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni
[modifica] Introduzione generale
Il socialismo è una corrente di pensiero legata ai movimenti politici che, a partire dal XIX secolo, lottarono per modificare la vita sociale ed economica delle classi meno abbienti e in particolare del proletariato. Il movimento operaio da cui scaturì il socialismo pose per la prima volta il problema della giustizia sociale. In una prospettiva di analisi teorica storica, quindi, mentre si vede il periodo feudale come caratterizzato dal predominio dell'aristocrazia e del clero, e il periodo post-rivoluzioni francese ed americana come caratterizzato dall'ascesa al potere sociale della borghesia (e quindi del liberalismo e del capitalismo), il socialismo dovrebbe essere lo stadio successivo, caratterizzato dal predominio delle classi popolari che detengono il potere economico e asserviscono, o addirittura annullano, lo Stato.
Il socialismo si oppone inizialmente al liberalismo classico, che postula il liberismo in economia, chiedendo invece la nazionalizzazione o la socializzazione di tutte o parte delle attività economiche e dei mezzi di produzione. Il criterio economico socialista di gestione delle risorse e di produzione non è quello del profitto individuale ma quello della ricerca del bene comune collettivo. Il socialismo contesta inoltre l'idea delle neutralità delle istituzioni statali rispetto alla lotta di classe e si batte per un mutamento del ruolo dello Stato o, addirittura, nella versioni avanzate da Karl Marx e dall'anarchismo, per la sua eliminazione.
Sul piano internazionale il movimento socialista nasce come un movimento favorevole all'autodeterminazione dei popoli, contrapponendosi al nazionalismo e all'imperialismo occidentali. Nell'ala riformista e della socialdemocrazia la linea politica è spesso pacifista, mentre storicamente i socialisti rivoluzionari hanno auspicato una rivoluzione violenta. Nella prassi tuttavia, soprattutto durante il periodo della 1° guerra mondiale, molti partiti socialisti o correnti di essi finiscono per abbandonare il pacifismo e l'internazionalismo, appoggiando le imprese belliche dei loro paesi con motivazioni patriottiche. Un esempio è il nazionalismo dell'Unione Sovietica che scaturì dalla politica di Stalin del Socialismo in un solo paese prima e dalla Grande Guerra Patriottica poi (anche se per i più ortodossi ciò che si instaurò nella Russia postrivoluzionaria non si può definire esattamente "socialismo").
Partiti e movimenti estremamente diversi fra loro si sono definiti socialisti: molti di essi sopravvivono ancora oggi e formano una delle più importanti correnti politiche in Europa, nonché la principale componente della sinistra europea, con la definizione di socialdemocrazia. Il movimento socialista conosce numerosissime scissioni, accuse reciproche di aver tradito gli ideali originari asservendosi allo Stato borghese, etc. La scissione più importante è probabilmente quella verificatasi all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre, che vede una larga fetta della sinistra dei partiti socialisti staccarsi e scegliere la denominazione comunista, già utilizzata in passato da alcuni teorici socialisti come Karl Marx. Per informazioni sul comunismo e su altre particolari correnti del socialismo si rimanda alle pagine relative, così come per l'illustrazione dettagliata delle dottrine dei vari pensatori socialisti.
[modifica] Le origini: il Socialismo Utopistico
Per approfondire, vedi la voce Socialismo utopico.
Louis Auguste Blanqui
I movimenti ottocenteschi derivano dalle lotte rivoluzionarie repubblicane, in particolare dall'esperienza della rivoluzione francese con il movimento dei Montagnardi e dei Sanculotti, e dalle rivolte contadine che dal Medioevo si ripetevano ciclicamente contro l'aristocrazia terriera; talvolta queste rivolte assumevano connotati religiosi che sfociavano nell'egualitarismo e nella comunione dei beni di produzione. Nel XIX secolo si ebbe il socialismo di Robert Owen in Inghilterra, mentre in Francia un'influenza sui primi movimenti l'ebbe anche il Sansimonismo, una corrente politico-religiosa che divulgava il pacifismo e la comunione dei beni in una società che avrebbe dato a ogni individuo il ruolo a lui più congeniale. Nello stesso filone si inserì Auguste Blanqui.
I primi movimenti sono definiti socialismo utopistico e hanno posto le basi dell'ideologia socialista, individuandone gli scopi e proponendo un modello volontario di vita sociale comune.
Non è da trascurare la corrispondenza tra il socialismo originario e la matrice dell' illuminismo, sia in rapporto agli aspetti esteriori che connettono le due dottrine nei tratti unificanti della lotta all'oscurantismo e per l'emancipazione dell'umanità, sia in relazione alle corrispondenze di alcune figure chiave in entrambi i contesti, come Filippo Buonarroti e Adam Weishaupt.
[modifica] Il socialismo scientifico e le sue derivazioni
Per approfondire, vedi la voce Socialismo scientifico.
Il termine socialismo scientifico viene coniato da Karl Marx per indicare la sua visione del socialismo, illustrata nelle sue numerose opere sulla società, la storia e l'economia. In opposizione al socialismo utopista Marx riteneva che la prassi del movimento operaio dovesse essere ispirata da una rigorosa analisi.
A Marx si deve la nozione di lotta di classe, illustrata nel Manifesto del Partito Comunista. Marx si propone nelle sue opere di dimostrare come il capitalismo, gestito dalla borghesia opprimesse il proletariato (lavoratori industriali) nella fase storica in cui scriveva. Nell'opera Das Kapital (Il Capitale), Karl Marx analizza come i capitalisti comprassero forza lavoro dai lavoratori ottenendo il diritto di rivendere il risultato dell'attività produttiva ottenendo così profitto (vedi marxismo per i dettagli); questo, secondo Marx, porta a un'insostenibile distribuzione della ricchezza.
Per Marx era solo questione di tempo: le classi lavoratrici di tutto il mondo, presa coscienza dei loro comuni obiettivi, si sarebbero unite per rovesciare il sistema capitalista che le opprimeva. Lo considerava un risultato possibile di un processo storico in atto.
Dalle rovine del capitalismo sarebbe sorta, dopo un periodo di transizione (dittatura del proletariato) in cui lo Stato avrebbe controllato i mezzi di produzione, una società in cui la proprietà sarebbe passata alla società stessa nel suo complesso (lo Stato era destinato a dissolversi). La proprietà privata sarebbe stata limitata agli effetti personali. La conseguenza della proprietà collettiva dei mezzi di produzione sarebbe stata, nell'ottica di Marx, la fine della divisione della società in classi sociali e, di conseguenza, la fine dello sfruttamento e la piena realizzazione dell'individuo. L'ateismo, caratteristica del socialismo marxista, era una conseguenza logica del materialismo dialettico che il marxismo adottava come metodo.
Le idee di Marx vengono sviluppate in molte direzioni diverse: alcuni pensatori prendono da Marx solo il metodo di analisi della società, mentre il nascente movimento socialista ne abbraccia con entusiasmo la parte rivoluzionaria, mettendo in secondo piano il pensiero dei socialisti non marxisti come l'anarchico Michail Bakunin, il socialista di matrice anarchista Pierre-Joseph Proudhon (che Marx definì socialista conservatore o borghese nel Manifesto del Partito Comunista) e gli altri "socialisti utopici" già citati.
Fu nel segno del socialismo che fu creata la Prima Internazionale dei lavoratori (o Associazione internazionale dei lavoratori), l'organizzazione che raggruppava i movimenti socialisti di tutta Europa, vedendo al suo interno tanto la corrente anarchica quanto quella marxista.
[modifica] Il "Revisionismo"
Per approfondire, vedi la voce Revisionismo del marxismo.
Eduard Bernstein
Fu chiamata revisionista la corrente moderata e riformista del marxismo che sorse verso la fine del XIX secolo, originata dall'osservazione che il comportamento dell'economia capitalistica non sembrava corrispondere alle previsioni del marxismo.
Dopo la depressione degli ultimi decenni del XIX secolo infatti, era iniziato un nuovo periodo di prosperità che sembrava riabilitare il libero commercio e la fiducia nel capitalismo e per questo la componente moderata del socialismo (che all'epoca veniva chiamata indifferentemente socialismo democratico o socialdemocrazia) elaborò la "teoria revisionista", che in pratica si prefiggeva di abbandonare il marxismo per giungere alla completa accettazione dell'economia di mercato, magari con qualche "aggiustatina". Da allora coloro che accettarono il revisionismo e proseguirono sulla via del capitalismo per realizzare "riforme" nell'interesse dei lavoratori furono indifferentemente chiamati "socialisti democratici" o "socialdemocratici" (un'esatta differenza tra i due termini si avrà solo nella seconda metà del 1900). Coloro che invece avversavano il revisionismo e la via riformista furono i "socialisti marxisti" e i "comunisti o socialrivoluzionari" (insieme chiamati genericamente "massimalisti"). Il maggior esponente del revisionismo fu il tedesco Eduard Bernstein (1850- 1932).
[modifica] Il Socialismo democratico
Per approfondire, vedi la voce Socialdemocrazia.
Si definisce socialdemocrazia quell'insieme di movimenti socialisti che accettano il concetto di economia di mercato, di proprietà privata e il muoversi all'interno delle istituzioni liberali.
La socialdemocrazia si pone tra il socialismo marxista e il riformismo borghese. Essa infatti, in un primo tempo, pur ponendosi in prospettiva critica nei confronti del capitalismo, non ritenne ancora tempo per una sua totale abolizione.
Il ruolo che si assicurarono i partiti socialdemocratici nei decenni tra il XIX e XX secolo fu quello di lottare sia contro il riformismo borghese, che avrebbe portato la classe operaia a legarsi troppo al sistema capitalistico, che contro l'avventurismo rivoluzionario marxista, che avrebbe portato a scontrarsi con le strutture ancora solide del sistema. La socialdemocrazia non tende a farsi garante della sopravvivenza del sistema, ma vuole lavorare al suo interno per portare uno spirito di rinnovamento e di trasformazione costante.
Le evoluzioni successive portano la socialdemocrazia a farsi portatrice del compromesso tra il riformismo liberale dei borghesi e i principi più importanti della dottrina socialista riformista: durante gli anni tra i due conflitti mondiali, con la proposizione di due modelli forti come quello sovietico e quello fascista, i socialdemocratici rappresentarono l'alternativa democratica e riformista. Socialdemocrazia e comunismo giunsero spesso allo scontro frontale, in cui i socialdemocratici vennero trattati da "socialtraditori" o "socialfascisti", per ritrovare successivamente un progetto comune contro il regime fascista e nazista.
Nel secondo dopoguerra, la socialdemocrazia riassume in occidente un ruolo importante tra le forze politiche dominanti nonché il naturale approdo per tutti i socialisti riformisti e i democratici progressisti, essa fu inoltre capace di proporre significative trasformazioni, come la nazionalizzazione di alcuni settori produttivi, l'instaurazione di un'economia mista e il raggiungimento di forme di sicurezza sociale per i lavoratori.
Le socialdemocrazie contemporanee sono partiti politici che hanno abbandonato l'idea della divisione della società in classi contrapposte e ogni progetto di stampo ottocentesco; del vecchio modello rimane solo la prospettiva internazionalista che ribadisce il principio di un'azione comune tra tutte le forze socialiste, socialdemocratiche o genericamente riformiste dei singoli Paesi, nel rispetto delle diverse storie nazionali, delle diverse situazioni economiche e della pluralità delle tradizioni culturali e ideologiche. In molti casi inoltre, anche significative componenti del mondo cattolico-sociale e riformista hanno trovato nella socialdemocrazia un ottimo approdo.
[modifica] Il "Socialismo rivoluzionario"
Per approfondire, vedi le voci comunismo e socialismo rivoluzionario.
I socialisti riformisti pensavano che il socialismo fosse la naturale evoluzione della società occidentale, che sarebbe dovuta evolvere naturalmente da capitalista in comunista per via delle contraddizioni interne del capitalismo, tramite una sequenza di riforme.
Pur concordando su tale evoluzione, i socialisti rivoluzionari come Rosa Luxemburg in Germania o Giacinto Menotti Serrati in Italia pensavano invece che questo cambiamento non sarebbe mai avvenuto spontaneamente, ma avrebbe richiesto una rivoluzione.
Dopo la Rivoluzione russa del 1917 e la terza internazionale del 1919 il socialismo rivoluzionario, di radice marxista, coincise sostanzialmente con il comunismo.
[modifica] Socialismo di Stato
In senso generale con socialismo di stato si intende qualsiasi varietà di socialismo che si basa sulla proprietà dei mezzi di produzione da parte dello stato. Il socialismo di stato viene spesso indicato semplicemente come "socialismo"; il termine "di stato" viene solitamente aggiunto solo dai socialisti con una visione differente, desiderosa di criticare il socialismo di stato; ad esempio, gli anarchici.
Oggi, molti partiti politici europei della sinistra, sono sostenitori di varie forme di proprietà statale in forma di socialismo democratico. Questi socialisti moderati non sostengono il rovesciamento dello stato capitalista in una rivoluzione socialista, quindi accettano anche la continuazione dell'esistenza dello stato capitalista e del sistema economico capitalista, ma rivolto verso fini più sociali.
Dei socialisti democratici di oggi, soltanto un'esigua parte spera ancora su una graduale e pacifica transizione dal capitalismo al (pieno) socialismo, attraverso l'evoluzione piuttosto che la rivoluzione. La maggior parte dei socialisti democratici però ha acquisito integralmente la visione propria della socialdemocrazia: cioè rifiutano in tronco qualsiasi riferimento di tipo marxista e accettano il capitalismo, non si propongono di superarlo, ma di perfezionarlo raggiungendo l'"economia sociale di mercato". Essendo falliti il socialismo utopistico, il socialismo rivoluzionario e il socialcomunismo, tutte le organizzazioni "socialiste" moderne dichiarano di ispirarsi al socialismo democratico e al giorno d'oggi i socialisti democratici sono quelli che chiamiamo a volte "socialdemocratici" e a volte "socialisti": ciò è dovuto al fatto che tutti i socialisti sono approdati al "socialismo democratico" divenendo "riformisti democratici". Per contro, il Marxismo sostiene che una rivoluzione socialista è l'unico modo pratico per implementare cambi radicali nel sistema capitalistico. Inoltre, sostiene che dopo un certo periodo di tempo sotto il socialismo, lo stato deve "estinguersi", producendo una società comunista.
Leon Trotsky
Naturalmente, lo stato non è svanito negli stati comunisti del XX secolo. Alcuni Marxisti difendono ciò sostenendo che semplicemente, il periodo di transizione non si era concluso. Altri Marxisti denunciano quegli stati "comunisti" come Stalinisti, sostenendo che la loro leadership era corrotta e aveva abbandonato il Marxismo conservandone solo il nome. In particolare, alcune scuole Trotzkiste del Marxismo definiscono questi stati col termine socialismo di stato per contrapporli al vero socialismo; altre correnti Trotzkiste usano il termine capitalismo di stato, per enfatizzare l'assenza del vero socialismo.
I socialisti libertari si spingono oltre, deridendo anche il Marxismo come socialismo di stato. Essi usano il termine principalmente come contrasto con la loro forma di socialismo, che prevede la proprietà collettiva dei mezzi di produzione senza intervento dello stato.
[modifica] Socialismo italiano
In Italia, il socialismo si sviluppa e diffonde con il Partito Operaio Italiano, fondato a Milano nel 1882 e la Lega Socialista Milanese, nonché per mezzo di movimenti e leghe di derivazione marxiste minori. Nel 1892, nasce il Partito Socialista Italiano, sciolto l'anno successivo dal governo Crispi. Il socialismo ritroverà costituzione nei governi successivi e raccoglierà nel PSI le frange riformiste e rivoluzionarie. La "federazione" non riesce tuttavia a far fronte alle divisioni interne e nel 1921 si stacca sia la corrente comunista (che fonderà il PCI) che quella riformista, la quale, espulsa, fonda il Partito Socialista Unitario. Tipicamente italiano è il fenomeno dell'alleanza del PCI-PSI, e anche del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria che portano avanti l'idea di un Socialismo-Comunismo accoppiata.
Sotto l'Italia fascista, i partiti più rappresentativi del socialismo sono sciolti ma persistono nella clandestinità. Solo con la Resistenza l'ideologia socialista ritrova nel Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria un portavoce che, nel 1945, riprenderà il nome di Partito Socialista Italiano. Dopo la costituzione della Repubblica, il PSI subisce numerose scissioni, prima con la fondazione del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (che in seguito ingloberà la corrente di destra del PSI, diventando Partito Socialista Democratico Italiano). Ciò nonostante nel 1966, i due partiti si riuniscono sotto la bandiera PSI-PSDI Unificati, salvo ridividersi nuovamente nel 1969 con il distacco dei socialisti democratici che si riuniscono nel Partito Socialista Unitario, che nel 1971 diventerà Partito Socialista Democratico Italiano. Nel 1964 si era avuta anche la scissione della sinistra del partito che formò il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria che si scioglierà nel 1972.
Dopo l'inchiesta di "Mani Pulite", nel 1992, i partiti socialisti perdono consenso e si sfaldano nel giro di pochi anni. La diaspora socialista porta nella maggior parte delle attuali forze politiche esponenti del socialismo, a partire dai Socialisti Democratici Italiani e Nuovo Psi, fino ai Democratici di Sinistra e Forza Italia.
Nell'aprile del 2007 durante il congresso dello Sdi il partito rifiuta l'ipotesi di adesione al Partito Democratico per dare vita a una costituente socialista con l'intento di riunificare tutti i partiti di ispirazione socialista che si erano smembrati dopo il 1992 per riunirsi in un unico soggetto politico. Il nuovo partito prenderà il nome di Partito Socialista.
Alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008 il Partito Socialista, guidato da Enrico Boselli candidato premier, non supera lo sbarramento del 4%, ottenendo solo l'1% circa. Così per la prima volta nella storia della Repubblica i socialisti non entrano in parlamento. Il 4-5-6-7 luglio si tiene il congresso nazionale del Partito Socialista e viene eletto suo Segretario Riccardo Nencini. Il suo documento, votato all'unanimità, manifesta la volontà di avvicinarsi all'area democratica (PD), sostituendosi nell'alleanza all'Italia dei Valori.
In coerenza con il pensiero marxista, ma antileninista vi è il Movimento Socialista Mondiale.
[modifica] Note
^ Citato in: Enzo Biagi - Era ieri, capitolo XIII
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Comunismo
Socialismo nazionale
Storia del socialismo
Capitalismo
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venerdì 27 maggio 2011
PARTITO SOCIALISTA ITALIANO
Il Partito Socialista Italiano (PSI) è un partito politico italiano, fondato nel 1892, che assunse tale nome dal 1895 e con il quale fu noto fino al 1994. Dal 2009, dopo la Costituente Socialista promossa dallo SDI (Socialisti Democratici Italiani) insieme ad altre forze politiche a vario titolo collegate con la storia del socialismo italiano ed europeo, il partito che ne è scaturito (inizialmente chiamato seplicemente Partito Socialista, PS) ha ripreso legalmente la sua originaria denominazione di Partito Socialista Italiano, accordata insieme al simbolo dall'ultimo liquidatore del PSI.
Durante il regime fascista e, in particolare, dopo la messa al bando di tutti i partiti ad eccezione del Partito Nazionale Fascista, il PSI continuò, nei limiti del possibile, la sua attività nella clandestinità, mentre la direzione del partito tentava d'informarsi sulla vita politica del Paese e d'influire sulla stessa dall'esilio francese.
Indice [nascondi]
1 Le origini del movimento socialista in Italia
2 Il Partito dalla nascita all'avvento della Repubblica
2.1 1892: fondazione del partito
2.2 1907: uscita dei sindacalisti rivoluzionari
2.3 1910: crescenti divisioni, la presenza di Mussolini
2.4 1912: la scissione del PSRI di Bissolati
2.5 1914: la crisi dell'interventismo
2.6 La scissione dei comunisti (1921), quella riformista (1922) e la clandestinità
2.7 La rinascita (1943); tra la Resistenza e la Repubblica
3 Dalla Costituente al centro-sinistra
3.1 La scissione socialdemocratica
3.2 I primi governi di centro-sinistra: il "centro-sinistra organico"
3.3 La breve esperienza del PSI-PSDI Unificati
4 Craxi
4.1 La segreteria di Bettino Craxi
4.2 Il simbolo del garofano rosso
4.3 L'allontanamento dal marxismo
4.4 1992 - 1994: la crisi del partito
4.5 La "diaspora socialista"
5 La rinascita del PSI
6 Risultati elettorali
7 Segretari
8 Congressi
9 Iscritti
10 Correnti
11 Esponenti, iscritti illustri e simpatizzanti
12 Giornali e riviste
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
[modifica] Le origini del movimento socialista in Italia
In Italia la crescita del movimento operaio si delinea sulla fine del XIX secolo. Le prime organizzazioni di lavoratori sono le società di mutuo soccorso e le cooperative di tradizione mazziniana e a fine solidaristico. La presenza in Italia di Bakunin dal 1864 al 1867 dà impulso alla prima organizzazione socialista-anarchica, ma aperta anche ad istanze più generalmente democratiche e anche autonomiste: la Lega Internazionale dei Lavoratori (opposta all' Associazione internazionale dei lavoratori di Karl Marx). L'episodio anarco-socialista di propaganda più noto è quello del 1877 (un gruppo di anarchici tentò di far sollevare i contadini del Matese). La strategia insurrezionale fallisce mentre riscuote molto successo il partito Socialdemocratico nelle elezioni del 1877. Intanto la Lega Internazione dei Lavoratori nel 1874 si era sciolta e l'anima più moderata, guidata da Andrea Costa, sosteneva la necessità di incanalare le energie rivoluzionarie in un'organizzazione partitica disposta a competere alle elezioni. Tra i più convinti sostenitori di questa linea troviamo Bignami e Gnocchi-Viani con la rivista " La Plebe" (di Lodi), alla quale poi si affiancano altre pubblicazioni come le "Lettere aperte agli amici di Romagna", dove si denuncia il carattere settario di certi esponenti del movimento anarchico-democratico e l'astensionismo elettorale. Nel 1881 Andrea Costa organizza il Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna, che sosteneva, fra l'altro, le lotte dei lavoratori, l'agitazione per riforme economiche e politiche, la partecipazione alle elezioni amministrative e politiche. Il partito di Costa incontrò grandi difficoltà anche se riesce ad essere eletto alla Camera come primo deputato socialista. Alle elezioni del 1882 si presenta il Partito Operaio Italiano ma senza successo. Frattanto il movimento operaio si organizza in forme più complesse: Federazioni di mestiere, Camere di lavoro, etc. Le Camere di Lavoro si trasformano in organizzazioni autonome e divengono il punto di aggregazione a livello cittadino di tutti i lavoratori.
[modifica] Il Partito dalla nascita all'avvento della Repubblica
[modifica] 1892: fondazione del partito
Filippo Turati
Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza del Partito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese [1] (d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno al socialismo di ispirazione marxista.
Tra i fondatori della nuova formazione politica, vi è Filippo Turati. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Ferri, che erano provenienti dall'esperienza del Positivismo.
Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, fu attratto dalla socialdemocrazia tedesca e dalle associazioni operaie lombarde. Turati considera il Socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un'ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche.
È nel 1893, nel Congresso di Reggio Emilia, che il partito si dà un'autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano. Nell'ottobre del 1894 il partito venne sciolto per decreto a causa della repressione crispina. In contrapposizione alla repressione vi fu un'alleanza democratico-socialista alle elezioni del 1895, mentre gli attivisti si riorganizzavano come Partito Socialista Italiano.
[modifica] 1907: uscita dei sindacalisti rivoluzionari
La repressione dei moti popolari del 1898 affievolisce il partito che decide di promuovere l'alleanza di tutti partiti dell'estrema sinistra (socialista, repubblicano, radicale). La direzione turatiana vede di buon occhio l'apertura liberale di Giovanni Giolitti nel 1901. Ma in reazione alla politica dei blocchi popolari e al ministerialismo dei riformisti, dal 1902 appare una corrente rivoluzionaria, guidata da Arturo Labriola, che condivide con l'intransigente Enrico Ferri la direzione del partito dal 1904 al 1906. Dopo lo sciopero generale del settembre 1904 - il primo di questa ampiezza in Italia -, questa corrente propugna i metodi del sindacalismo rivoluzionario mentre i suoi rapporti con il resto del partito vanno peggiorando a tal punto che in un suo congresso, avvenuto a Ferrara nel 1907, è decisa l'uscita dal partito e l'incremento dell'azione autonoma sindacale.
[modifica] 1910: crescenti divisioni, la presenza di Mussolini
Il congresso tenuto a Milano nel 1910 mette in luce crescenti insoddisfazioni e nuove divisioni: Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi criticano Turati da destra, Giuseppe Emanuele Modigliani e Gaetano Salvemini da sinistra. All'estrema sinistra si schiera invece Benito Mussolini, che, in qualità di rappresentante della federazione di Forlì, partecipa per la prima volta ad un congresso nazionale del partito.
[modifica] 1912: la scissione del PSRI di Bissolati
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista di Benito Mussolini e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Ivanoe Bonomi e Leonida Bissolati. Quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista. Bissolati e i suoi danno vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
[modifica] 1914: la crisi dell'interventismo
Allo scoppio della Prima guerra mondiale il partito sviluppò un forte impegno per la neutralità dell'Italia, ma con forti spaccature al suo interno che troveranno un punto di mediazione nella formula "né aderire né sabotare" di Costantino Lazzari.
A partire dagli anni venti, con l'emergere del Partito Nazionale Fascista, le diverse anime del movimento socialista si mossero separatamente dando vita a tre differenti partiti.
[modifica] La scissione dei comunisti (1921), quella riformista (1922) e la clandestinità
Nel 1921 si tiene a Livorno il XVII congresso del partito. Dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Serrati raccolgono 89.028 voti, i comunisti puri 58.783, e i riformisti concentrazionisti 14.695. I comunisti di Bordiga escono dal congresso e fondano il Partito Comunista d'Italia, con lo scopo di aderire ai 14 punti dell'Internazionale. Lenin, infatti, aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami e ad espellere la corrente riformista di Turati, Treves e Prampolini, ricevendo il diniego da parte di Giacinto Menotti Serrati che non intendeva affatto rompere con alcune delle voci più autorevoli (sia pur minoritarie) del partito.
Nell'estate del 1922 Filippo Turati, senza rispettare la disciplina del partito, si reca da Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni per risolvere la crisi di governo. Tuttavia non fu possibile raggiungere un accordo con Giolitti, ed il re diede l'incarico a Facta. Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, la corrente riformista viene espulsa, ad ottobre, nei giorni che precedono la Marcia su Roma di Benito Mussolini. Turati e i suoi danno vita al Partito Socialista Unitario, il cui segretario, Giacomo Matteotti, sarà rapito ed ucciso da alcuni fascisti il 10 giugno 1924. Tra il 1925 e il 1926 Mussolini vieta i partiti e costringe all'esilio o al confino i socialisti. È proprio durante l'esilio che, nel 1930, in Francia, avviene la riunificazione tra i riformisti di Turati ed i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni.
[modifica] La rinascita (1943); tra la Resistenza e la Repubblica
Sandro Pertini
Il 22 agosto 1943 nasce a Roma il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) che raggruppa una parte consistente di personalità influenti della sinistra italiana antifascista, come i futuri presidenti della Repubblica Giuseppe Saragat e Sandro Pertini, il giurista Giuliano Vassalli, lo scrittore Ignazio Silone, l'avvocato Lelio Basso e Giuseppe Romita. A diventare segretario del partito è il romagnolo Pietro Nenni.
Il PSIUP durante la Resistenza partecipa attivamente al Comitato di Liberazione Nazionale e si avvicina in particolare al Partito Comunista Italiano, con una politica di unità d'azione volta a modificare le istituzioni in senso socialista. Questa politica, osteggiata dalla destra del partito guidata da Giuseppe Saragat, è in buona parte legata alla preoccupazione che divisioni interne alla classe operaia possano favorire l'ascesa di movimenti di destra autoritaria, come era avvenuto nel primo dopoguerra con il fascismo.
In occasione del referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, il PSIUP è uno dei partiti più impegnati sul fronte repubblicano, al punto da venire identificato come "il partito della Repubblica".
[modifica] Dalla Costituente al centro-sinistra
[modifica] La scissione socialdemocratica
Il 10 gennaio 1947 il PSIUP riprende la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI). Il cambio di nome avviene nel contesto della scissione della corrente socialdemocratica guidata da Giuseppe Saragat (scissione di palazzo Barberini), il quale darà vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), e marcherà una profonda distanza dai comunisti (ormai definitivamente agganciati allo stalinismo sovietico). Il PSI invece, proseguirà sulla strada delle intese con il PCI, e con quest'ultimo deciderà anche di fare un fronte comune, il Fronte Democratico Popolare, in vista delle elezioni dell'aprile 1948. Questa posizione "unitaria" dei due partiti della sinistra italiana, l'anno successivo farà però perdere la corrente autonomista della nuova destra del partito socialista, capeggiata da Giuseppe Romita, che nel dicembre 1949 si unirà a una parte dei socialisti democratici usciti dal PSLI -perché in polemica con il suo eccessivo "centrismo"- dando vita a un nuovo partito che prenderà il nome di Partito Socialista Unitario (PSU).
Nel maggio 1951 Il PSLI e il PSU si fonderanno nel Partito Socialista - Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista (PS-SIIS), che nel gennaio 1952 diventerà Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
Dopo la sconfitta elettorale del 1948, la lista del Fronte Democratico Popolare non verrà più riproposta, ma il PSI resta alleato col PCI, all'opposizione, per ancora molti anni, ed insieme conducono la battaglia contro la c.d. legge truffa.
[modifica] I primi governi di centro-sinistra: il "centro-sinistra organico"
Una svolta importante nella storia del PSI è costituita dal Congresso di Venezia del 1957, quando, in seguito anche all'invasione sovietica dell'Ungheria, che porta ad una rottura col PCI, il partito comincia a guardare favorevolmente all'alleanza con i moderati della Democrazia Cristiana: si rafforza il nesso socialismo-democrazia e il PSI abbandona i legami con il blocco sovietico.
Il PSI condurrà comunque una forte battaglia al fianco del PCI contro il Governo Tambroni
Nel 1963 il PSI entra definitivamente al Governo, con l'esecutivo guidato da Aldo Moro. Con questo, però, il Partito viene segnato da una nuova spaccatura: la corrente di sinistra esce dal partito e nel gennaio del 1964 dà vita a un nuovo Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP).
[modifica] La breve esperienza del PSI-PSDI Unificati
Il 30 ottobre 1966 il PSI e il PSDI, dopo alcuni anni di comune presenza all'interno dei governi di centro-sinistra, si riunificano nel PSI-PSDI Unificati (soggetto noto con la denominazione Partito Socialista Unificato).
Ma l'unità dura meno di due anni. Il 28 ottobre 1968, il PSI riprenderà la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI), mentre la componente socialdemocratica nel luglio 1969 prenderà il nome di Partito Socialista Unitario (PSU), che nel febbraio 1971 ridiventerà Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
Tutti questi passaggi e queste scissioni danno un'idea del travaglio politico del PSI di quegli anni, periodo nel quale convivono nel Partito due anime: una tendente a una maggiore coesione con il PCI su ideali che si ispirano a Karl Marx e un'altra tendente a perseguire una politica di riforme progressive che non mettano in discussione l'assetto sostanziale del sistema. All'epoca tra le file socialiste la posizione generalmente maggioritaria era quella della sinistra, tendente ad intensificare i legami con i comunisti, mentre i cosiddetti "autonomisti", sostenitori delle riforme progressive (e quindi più vicini ad un'idea di tipo socialdemocratico), si trovavano in minoranza.
[modifica] Craxi
[modifica] La segreteria di Bettino Craxi
Bettino Craxi
Nel marzo 1976 si tenne il XL congresso del PSI. Le correnti erano cinque:
area Francesco De Martino (42,7%)
area Giacomo Mancini (19,8%)
area Riccardo Lombardi (17,8%)
area Pietro Nenni (14%)
area Gino Bertoldi (5,7%)
La maggioranza venne costituita da un'alleanza fra De Martino e Mancini e prevedeva il primo segretario.
Sotto la guida di Francesco De Martino, il PSI ritira l'appoggio ai governi della DC, con l'obiettivo di supportare la crescita elettorale del PCI al fine di arrivare ad un esecutivo guidato dalle sinistre. De Martino scrisse che il PSI aveva una funzione politica a termine: permettere la completa maturazione del PCI fino alla sua partecipazione diretta al governo. Una volta raggiunta tale maturazione, di fatto, il PSI avrebbe esaurito le proprie funzioni.
Alle elezioni politiche del 1976 il partito socialista ottiene gli stessi risultati elettorali del 1972, il punto più basso di sempre mai raggiunto dal PSI, con un'imprevista flessione negativa rispetto al precedente turno di elezioni amministrative. Lo squilibrio elettorale col PCI sfiora il 25%. Alle elezioni politiche del 1976 dunque il Partito Socialista dopo una campagna per l’alternativa di sinistra alla DC ottenne il risultato elettorale più basso di sempre mai raggiunto dal PSI, con una flessione decisamente negativa. In ogni caso, nel 1976, dopo le elezioni politiche, proprio dal PSI la sopraddetta alternativa era stata resa possibile: vi fu il non dissenso di PSDI, PRI, DP ma non l’assenso del PCI.
In questo contesto il PSI ritira nel comitato centrale del luglio 1976 la fiducia a De Martino, eleggendo segretario nazionale il quarantenne Bettino Craxi, in quel momento vicesegretario e membro di punta della corrente autonomista di Pietro Nenni. Nuovo vicesegretario sarà il dirigente siciliano Salvatore Lauricella.
Nel 1978 si tiene il XLI congresso che vede riconfermato Craxi alla segreteria col 65% di voti (cifra mai raggiunta da un segretario socialista) grazie a un'alleanza con Claudio Signorile e alla "benedizione" dell'ex segretario Giacomo Mancini. L'opposizione è guidata da Enrico Manca. Il partito si rinnova nell'immagine e nell'ideologia: nuovo simbolo del partito diventa (accanto alla tradizionale falce e martello) il garofano rosso in omaggio alla portoghese Rivoluzione dei garofani del 1974, mentre, con un lungo articolo su L'espresso, titolato "Il Vangelo Socialista" (agosto 1978), si sancisce la svolta ideologica, con lo smarcamento dal marxismo, appannaggio di un percorso culturale distinto da quello del PCI e che prende le mosse da Proudhon evolvendosi col socialismo liberale di Carlo Rosselli.
[modifica] Il simbolo del garofano rosso
Sotto la segreteria Craxi avviene un mutamento estetico dei simboli del partito.
Il logo del partito ha subito molti mutamenti nel corso della sua storia.
Un primo mutamento avvenne alla fine degli anni quaranta e una, successiva, nel 1971, senza però pregiudicare il simbolo della falce e martello.
In seguito, il garofano rosso diviene uno dei simboli del patrimonio ideale socialista.
In occasione del 1º maggio 1973 Ettore Vitale, rifacendosi alla tradizione ottocentesca, realizza per la festa dei lavoratori l'immagine di un pugno chiuso che stringe un garofano rosso in orizzontale: la stessa foto verrà utilizzata come logo del XL Congresso socialista (febbraio 1976). Nel frattempo, c'era stata la Rivoluzione dei garofani in Portogallo (1974) e i socialisti francesi avevano adottato un nuovo simbolo che vede un pugno stringere una rosa rossa (1975). Fu così che, nel 1978 al XLI Congresso socialista viene presentato il nuovo simbolo del Psi dove campeggia enorme un garofano rosso a danno di falce, martello e libro, rimpiccioliti in basso. Il simbolo divenne ufficiale, con alcune modifiche.
Il simbolo muterà nuovamente nel 1985, quando il sancito allontanamento del marxismo comportò l'abbandono del libro e della falce e martello.
Il garofano rosso sarà definitivamente accantonato nel 1994 a favore di una rosa rossa.
[modifica] L'allontanamento dal marxismo
L'abbandono del marxismo era stato già effettuato dalla SPD tedesca, durante il drammatico congresso di Bad Godesberg del 1959. La stessa trasformazione avviene in seno agli altri partiti socialisti europei e negli anni Ottanta si svolge anche nel PSI: in quell'anno muore Pietro Nenni e la carica di presidente viene ricoperta da Riccardo Lombardi, che la manterrà per due anni fino ad un contrasto con la segreteria Craxi che lo porterà alle dimissioni.
Nel 1980 si inaugura la stagione del "Pentapartito", costituito dal PSI insieme a DC, PSDI, PLI e PRI, formalizzato con guida socialista nel 1983 (Governo Craxi I e II) e con guida democristiana nel 1987.
Durante tutto il decennio il PSI non si sottrasse al degrado gestionale e di malgoverno amministrativo, imputato da anni alla generalità del sistema dei partiti: gli scandali che diedero luogo ad inchieste penali a carico di esponenti del partito furono quello di Torino (caso Zampini del febbraio 1983, con primo coinvolgimento dell'esponente nazionale Giusy La Ganga), quello di Savona (caso Teardo del giugno 1983, con arresto dell'esponente regionale ligure per associazione a delinquere finalizzata ad intimidire gli imprenditori renitenti alla mazzetta), quello di Brindisi (caso Trane del giugno 1987, con arresto del segretario del ministro dei Trasporti, Claudio Signorile, per tangenti che riguardavano l'aeroporto di Venezia e alcuni scali ferroviari), quello di Viareggio (nell'estate del 1987, con arresto per tangenti di alcuni amministratori locali compreso Walter De Ninno, funzionario della segreteria nazionale del PSI) e quello di Trento (il giudice Carlo Palermo nel giugno del 1983 inizia con alcune perquisizioni ad indagare su forniture d'armi all'Argentina ed a proposito della cooperazione in Somalia e Mozambico, in cui sarebbero stati coinvolti Paolo Pillitteri e Mach di Palmstein).
Nel 1985 il PSI di Bettino Craxi rimuove la falce e il martello dal proprio simbolo per rimarcare la sua intenzione di costruire una sinistra alternativa e profondamente riformista guidata dal PSI e non più egemonizzata dal PCI.
L'elettorato premia questa scelta: la percentuale di consensi infatti sale dal 9,8% ottenuto nel 1979 al 14,3% nel 1987. Il PSI però è ancora ben lontano dal rappresentare una guida alternativa al PCI, il quale ottiene il 26,6% dei voti nel 1987.
Con la caduta del muro di Berlino avvenuta nel 1989, reputando imminente una conseguente crisi del Partito Comunista Italiano, Craxi inaugura l'idea della "Unita Socialista" da costruire insieme con il fidato Psdi e nella quale coinvolgere anche ciò che nascerà dalle ceneri del PCI. Craxi dimostrerà così una certa lungimiranza: come previsto infatti il PCI viene sciolto e gli ex comunisti confluiranno nel più moderato e riformista PDS. Anche i primi riscontri elettorali da parte del PSI paiono incoraggianti, poiché alle elezioni regionali del 1990 i socialisti si portano al 18% come media nazionale.
In questo periodo l'immagine del partito viene quasi a coincidere con quella del suo leader, al punto da parlare di craxismo. La vita interna al partito registra una dialettica sempre più asfittica e la gestione amministrativa - nella quale Rino Formica aveva abbandonato il suo ruolo di tesoriere a favore di Vincenzo Balzamo - vede una preponderanza del segretario politico, riflesso della sua stragrande maggioranza all'interno del congresso: il ruolo di "garante" tra le correnti del segretario amministrativo[2] viene meno con la totalitarietà del consenso craxiano ed il segretario amministrativo si riduce a mero esecutore delle direttive che sempre più puntualmente gli rivolge il segretario politico.
[modifica] 1992 - 1994: la crisi del partito
Nel partito scoppia la crisi nel 1992 in seguito allo scandalo di Tangentopoli, sollevato dalla magistratura con l'inchiesta "Mani Pulite", che colpisce prevalentemente Bettino Craxi ma mette in crisi (quasi) tutti i partiti della cosiddetta Prima Repubblica. Il partito cambia rapidamente molti segretari fino al definitivo sfaldamento in tante parti.
Alle elezioni dell'aprile 1992, il PSI raccoglie il 13,5% dei consensi (perdendo l'1% rispetto alle elezioni politiche precedenti, ma il 4,5% rispetto alle elezioni regionali del 1990) ed elegge 92 deputati e 49 senatori. Il Capo dello Stato Scalfaro chiede a Craxi una terna di candidati all'incarico di Presidente del Consiglio e ne riceve l'indicazione "Amato, De Michelis, Martelli, in ordine rigorosamente alfabetico[3]". La presidenza del Consiglio sarà così affidata al socialista Giuliano Amato ma il suo governo durerà meno di un anno, indebolito dalle critiche al finanziamento pubblico dei partiti, e soprattutto dalla sconfitta dei partiti di governo ai referendum del 18 e 19 aprile 1993.
Nel maggio 1992 arrivano i primi avvisi di garanzia a molti parlamentari tra cui spiccano i nomi dei due ex-sindaci di Milano, Paolo Pillitteri e Carlo Tognoli. A novembre del 1992 l'on. Sergio Moroni e l'amministratore del PSI Vincenzo Balzamo ricevono avvisi di garanzia per ricettazione, corruzione e violazione della legge sui finanziamenti ai partiti. Quello stesso mese Claudio Martelli prende definitivamente le distanze da Craxi fondando il gruppo interno di Rinnovamento Socialista.
Il 26 novembre 1992 l'Assemblea Nazionale del PSI si spacca per la prima volta dopo 11 anni di sostanziale unanimismo craxiano. Vengono presentati tre documenti da parte di Giuseppe La Ganga (pro Craxi), Mauro Del Bue (pro Martelli) e Valdo Spini. Al primo vanno 309 voti (63%), al secondo 160 (33%) e a Spini 20 (4%). Craxi resta ancora saldamente alla guida del partito, ma per la prima volta con una maggioranza più ristretta per via della defezione del gruppo di Martelli.
Bettino Craxi riceve il primo suo avviso di garanzia nel dicembre del 1992, alla vigilia delle elezioni amministrative dalle quali il PSI uscirà decimato: molti voti passano alla Lega Nord e al Movimento Sociale Italiano, unici partiti non pesantemente coinvolti in Tangentopoli. Il 26 gennaio 1993 i "quarantenni" del partito organizzati da poco come Alleanza Riformista promuovono la manifestazione nazionale Uscire dalla crisi. Costruire il futuro. Ad aprire la manifestazione è il Presidente della Regione Emilia-Romagna Enrico Boselli. Il 31 gennaio sarà il gruppo che a novembre aveva votato la mozione Spini a promuovere l'assemblea aperta Il rinnovamento del PSI.
Craxi si dimette da segretario del PSI l'11 febbraio 1993, dopo rivelazioni sul "conto protezione" che coinvolgevano - insieme a Craxi - il suo ex delfino Claudio Martelli nell'accusa di bancarotta fraudolenta. Lo stesso Martelli in quel momento era in lizza per succedere come segretario a Craxi, ma la notizia dell'avviso di garanzia lo spinge a dimettersi dal governo e dal PSI.
Resta dunque Giorgio Benvenuto che verrà eletto segretario all'Assemblea Nazionale del 12 febbraio (il candidato dell’opposizione Valdo Spini riceve 223 voti, pari al 42%) insieme a Gino Giugni come presidente, ma dopo appena cento giorni è costretto alle dimissioni per il continuo ostruzionismo degli ultimi craxiani al progetto di rinnovamento del partito che portava avanti Benvenuto. Anche Giugni si dimette, ma sarà riconfermato nel suo ruolo. Durante la sua segreteria, Benvenuto aveva ottenuto il 4 maggio dall'esecutivo del PSI che gli inquisiti fossero sospesi da ogni attività di partito.
Il 28 maggio l'Assemblea nazionale elegge Ottaviano Del Turco nuovo segretario nazionale. Il gruppo di Spini presenta un documento alternativo. Il giorno dopo nasce il gruppo di Rinascita Socialista guidato da Benvenuto e Enzo Mattina, che via via si defilerà dal PSI.
Alle elezioni amministrative del 6 giugno 1993 il PSI ne uscirà decimato. A Milano, vecchia roccaforte del craxismo il PSI che candida il sindaco uscente Borghini riceve un catastrofico 2,2%. Nelle altre grandi città la situazione non è migliore. A Torino, dove il PSI è in alleanza con il PSDI raccoglie l'1,8%. A Catania, dove la DC faticosamente tiene, il PSI non si presenta nemmeno. Queste elezioni, per quanto limitate a un campione non rappresentativo di tutto l'elettorato italiano, indicano però l'imminente collasso del Partito Socialista. Grazie al voto del sud comunque il PSI è al 5% su base nazionale. Ma al nord, il PSI è svanito schiacciato da una Lega dirompente e un PDS in crescita.
Ottaviano Del Turco sconfessa la posizione difensiva di Craxi rifiutando di raccogliere la sua indicazione di alcuni conti bancari esteri[4]; per salvare il partito promette di non candidare tutti gli esponenti accusati di corruzione.
Il 16 dicembre si tiene l'ultima Assemblea Nazionale, dove Craxi prenderà la parola e dove i craxiani tentano di riprendere il controllo del partito. All'ordine del giorno c'è la proposta di cambiamento del nome e del simbolo (da PSI a PS e dal garofano alla rosa). L'intervento di Craxi è in difesa di tutti i socialisti nella sua stessa condizione di indagato o rinviato a giudizio e contro il gruppo dirigente che vuole portare avanti il rinnovamento e l'ancoramento definitivo a sinistra del partito. Il PSI si schiera con Del Turco con 156 voti contro i 116 pro Craxi.
Ormai il PSI è allo sbando. Nell'agosto 93 il partito, per cause di morosità, deve lasciare la sede storica di Via del Corso, simbolo del potere craxiano. Il Garofano, già nel mirino delle inchieste giudiziarie, deve anche affrontare un deficit pari a 70 miliardi e una galassia di debiti circa pari a 240 miliardi. La crisi finanziaria spinge il PSI a liquidare le riviste storiche di MondOperaio e Critica Sociale. Anche il quotidiano l'Avanti! chiude i battenti. Infatti la direzione nazionale del partito si trasferisce nei locali di Via Tomaselli a Roma, ex-sede dell'Avanti.
Molti craxiani però non condividono le scelte di Del Turco. Con la sostituzione del Garofano con la rosa nel nuovo simbolo del PSI molti dichiarano di lasciare il partito. Ugo Intini e altri craxiani (Boniver, Piro) il 28 gennaio 1994 danno vita alla Federazione dei Socialisti: essa, alle successive elezioni politiche 1994, si presenterà congiuntamente con il Psdi, dando luogo alla lista Socialdemocrazia per le Libertà. La federazione, il 18 dicembre, diventerà poi Movimento Liberal Socialista, dopo una prima «convention» per la costituzione del movimento (15 maggio 1994) e il lancio del quindicinale Non mollare (16 giugno 1994). Ciò che resta dei gruppo parlamentari viene diviso tra quelli pro-Del Turco e pro-Craxi. Il PSI, che per molti anni poteva vantarsi di una centralità nello scenario politico e un'unità stetta attorno al suo capo storico, viene visto come un partito ormai alla fine della sua storia sia politica che culturale.
In occasione delle Elezioni politiche del 1994 ciò che resta del PSI si allea con il PDS nell'Alleanza dei Progressisti, che però perde le elezioni. Si spera di passare il 4% di sbarramento. Il PSI di Del Turco raccoglie il 2,5% dei consensi (pari a circa 800.000 voti). I socialisti riescono così a eleggere (nei collegi uninominali) 14 deputati contro i 92 eletti nel 1992. Del Turco rassegna le dimissioni e viene sostituito da Valdo Spini come coordinatore nazionale. Alle Elezioni europee del 1994, in lista comune con Alleanza Democratica, raccoglie l'1,8%.
[modifica] La "diaspora socialista"
Per approfondire, vedi la voce Partiti e movimenti politici italiani di ispirazione socialista (ex-PSI).
Schiacciato dall'offensiva giudiziaria e da una feroce campagna giornalistica, e dopo una temporanea alleanza con AD, il PSI si scioglie definitivamente con un congresso il 13 novembre 1994 presso la Fiera di Roma. Da quel giorno ha inizio ufficialmente la diaspora socialista in Italia, già iniziata nel 1993.
Lo stesso 13 novembre 1994, subito dopo lo scioglimento, nascono diverse formazioni socialiste distinte:
Socialisti Italiani;
Partito Socialista Riformista.
Altre formazioni attorno alle quali si coagulano le istanze socialiste sono inoltre:
Federazione Laburista;
Alleanza Democratica.
Oltre che nelle formazioni politiche sopra elencate, importanti esponenti del disciolto Partito Socialista Italiano sono anche confluiti attraverso varie esperienze in:
Forza Italia/Il Popolo della Libertà
Democratici di Sinistra-Democrazia è Libertà/Partito Democratico
Collaterali a questi partiti vi sono infatti spesso vere e proprie associazioni politico-culturali d'ispirazione socialista: con Forza italia Noi Riformatori Azzurri, Fondazione Free e Giovane Italia, con il Partito Democratico l'associazione politico-culturale Socialisti Democratici per il Partito Democratico e l'ex corrente diessina dei Socialisti Liberali.
Nella XV legislatura la pattuglia di ex-socialisti del PSI eletti nei due rami del Parlamento e al Parlamento Europeo fu molto ridotta, solo 63 su 1030 provenivano dal PSI: 33 sono di Forza Italia, 13 PS, 12 PD, 2 del MpA, 1 del Nuovo PSI, 1 dell'UDC e 1 non aderisce a nessun partito (Giovanni Ricevuto)[5].
In definitiva, caratteristica italiana è quella di vedere il proprio panorama politico seminato da diversi gruppi d'ispirazione socialista, a differenza di quanto si riscontra generalmente in altri Paesi, dove esiste di norma un unico partito di ispirazione socialista e/o socialdemocratica. Tuttavia idee e contributi di matrice socialista hanno contaminato larga parte della sinistra italiana, con la possibilità di influire nei successivi processi di aggregazione che si sono realizzati e che si profileranno nello scenario politico.
[modifica] La rinascita del PSI
Per approfondire, vedi la voce Partito Socialista Italiano (attuale).
Negli ultimi anni si è assistito alla rinascita del PSI, sia pure fortemente ridimensionato, ad opera di esponenti politici di varia provenienza, la maggioranza dei quali provenienti dallo SDI e dal Nuovo PSI. Nel luglio 2007, Enrico Boselli, segretario dei Socialisti Democratici Italiani (allora gruppo Rosa nel Pugno), annunciò di voler ricostituire l'originale PSI, dando vita ad una Costituente, aperta alle forze laiche, di sinistra moderata e democratica, che non si riconoscono nel Partito Democratico. Si è così costituito un nuovo soggetto politico che ha preso il nome di "Partito Socialista". Alle elezioni politiche dell'aprile 2008 il PS ha ottenuto lo 0,9% dei consensi. Il risultato elettorale, insufficiente per eleggere rappresentanti socialisti in parlamento, ha portato alle dimissioni di Enrico Boselli in forte polemica con Walter Veltroni [6]. Il congresso di fine giugno 2008 vede affrontarsi tre candidati per la carica di segretario: Riccardo Nencini, attuale presidente del Consiglio Regionale della Toscana e forte esponente della linea continuatrice alla visione di Enrico Boselli che punta all'alleanza con il Partito Democratico, Pia Locatelli, eurodeputata e sostenitrice della tesi lanciata all'assemblea di Chianciano Terme, per un soggetto politico liberale, radicale, socialista e laico e Angelo Sollazzo che auspica un'apertura con i partiti della sinistra radicale. La vittoria va a Riccardo Nencini. Il 7 ottobre 2009 il PS riprende lo storico nome di Partito Socialista Italiano.
[modifica] Risultati elettorali
– Partito Socialista Italiano alle Elezioni Politiche
Elezione Parlamento Voti % Seggi
1895
1897
1900
1904
1909
1913
1919
1921
1924
1946
1948
1953
1958
1963
1968
1972
1976
1979
1983
1987
1992
1994
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Costituente
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
?
?
97.368
108.510
170.000
902.809
1.834.792
1.569.559
341.528
4.758.129
8.137.047°
6.969.122°
3.441.305
2.893.148
4.208.111
3.682.806
4.257.300
3.849.878
4.605.832^
4.355.506^
3.210.427
3.225.804
3.542.998
3.209.987
3.596.802
3.255.104
4.223.362
3.541.101
5.505.690
4.497.672"
5.343.930
4.513.354
849.429
nei Progressisti
2,95
2,95
6,5
5,7
8,1
17,7
32,3
24,7
4,9
20,7
31,0 nel FDP°
30,8 nel FDP°
12,6
11,9
14,2
14,1
13,8
14,0
14,4
15,2
9,6
10,7
9,6
10,3
9,8
10,3
11,4
11,3
14,2
13,9"
13,6
13,5
2,1
-
15
15
33
29
41
52
156
123
22
115
57
41*
75
30
84
36
87
44
91
46
61
33
57
29
62
32
73
38
94
45
92
49
14
6
° in comune col PCI nel Fronte Democratico Popolare
^ ingloba il PSDI
" con alcune candidature congiunte con PSDI e PR
* con i senatori aventiniani di diritto
– Partito Socialista Italiano alle Elezioni Europee
Elezione Parlamento Voti % Seggi
1979
1984
1989
1994 Parl. Europeo
Parl. Europeo
Parl. Europeo
Parl. Europeo 3.858.295
3.932.812
5.154.515
600.106 11,3
11,2
14,8
1,8 9
9
12
2
[modifica] Segretari
Pompeo Ciotti (1909-1912)
Costantino Lazzari (1912-1918, 1919)
Egidio Gennari (1918-1919)
Nicola Bombacci (1919-1921)
Domenico Fioritto (1921-1923)
Tito Oro Nobili (1923-1925)
Olindo Vernocchi (1925-1930)
Ugo Coccia (1930-1931)
Pietro Nenni (agosto 1931 - aprile 1945)
Sandro Pertini (aprile 1945 - aprile 1946)
Ivan Matteo Lombardo (aprile 1946 - gennaio 1947)
Lelio Basso (gennaio 1947 - giugno 1948)
Alberto Jacometti (giugno 1948 - maggio 1949)
Pietro Nenni (maggio 1949 - novembre 1963)
Francesco De Martino (novembre 1963 - ottobre 1966)
Francesco De Martino e Mario Tanassi, co-segretari (ottobre 1966 - ottobre 1968)
Mauro Ferri (ottobre 1968 - luglio 1969)
Francesco De Martino (luglio 1969 - aprile 1970)
Giacomo Mancini (aprile 1970 - novembre 1972)
Francesco De Martino (novembre 1972 - luglio 1976)
Bettino Craxi (luglio 1976 - febbraio 1993)
Giorgio Benvenuto (febbraio - maggio 1993)
Ottaviano Del Turco (maggio 1993 - novembre 1994)[7]
[modifica] Congressi
I Congresso - Genova, 14-15 agosto 1892
Fondazione di un nuovo partito che unisce diverse associazioni a due partiti nati pochi anni prima. Il nuovo partito viene nominato Partito dei Lavoratori Italiani e assume le idee socialiste come linee guida.
II Congresso - Reggio Emilia, 8-10 settembre 1893
Il partito muta il suo nome in Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI).
III Congresso - Parma, 13 gennaio 1895
Il congresso venne tenuto in clandestinità a causa dello scioglimento per decreto voluto da Crispi. Il partito assume la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI).
IV Congresso - Firenze, 11-13 luglio 1896
Nasce il quotidiano socialista L'Avanti!.
V Congresso - Bologna, 18-20 settembre 1897
VI Congresso - Roma, 8-11 settembre 1900
Formazione di una corrente del socialismo riformista all'interno del partito.
VII Congresso - Imola, 6-9 settembre 1902
Il Tempo di Milano diventa quotidiano della corrente socialista riformista.
VIII Congresso - Bologna, 8-11 aprile 1904
Prevalgono le istanze intransigenti e rivoluzionarie del partito.
IX Congresso - Roma, 7-10 ottobre 1906
Prevalgono le istanze integraliste del partito.
X Congresso - Firenze, 19-22 settembre 1908
Prevalgono le istanze integraliste e riformiste del partito. È proclamata l'incompatibilità dei sindacalisti rivoluzionari con il partito.
XI Congresso - Milano, 21-25 ottobre 1910
Prevalgono le istanze riformiste del partito.
XII Congresso (straordinario) - Modena, 15-18 ottobre 1911
Prevalgono le istanze riformiste del partito.
XIII Congresso - Reggio Emilia, 7-10 luglio 1912
Prevalgono le istanze rivoluzionarie del partito. Espulsione di alcuni componenti della frazione riformista che andranno a fondare il Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
XIV Congresso - Ancona, 26-29 aprile 1914
Prevalgono le istanze rivoluzionarie del partito. Dichiarazione di opposizione alla prima guerra mondiale.
XV Congresso - Roma, 1-5 settembre 1918
Prevalgono le istanze massimaliste del partito, legate al marxismo.
XVI Congresso - Bologna, 5-8 ottobre 1919
Prevalgono le istanze massimaliste del partito. Formazione di un nuovo programma per il partito, sull'onda della rivoluzione d'ottobre in Russia e sul successo elettorale in Italia. Lotta e conquista delle 8 ore lavorative.
XVII Congresso - Livorno, 15-21 gennaio 1921
Il congresso si apre con forti discussioni sulla linea strategica e programmatica. La frazione rivoluzionaria si scinde e forma il Partito Comunista d'Italia (PCd'I).
XVIII Congresso - Milano, 10-15 ottobre 1921
XIX Congresso - Roma, 1-4 ottobre 1922
Il congresso si apre con forti discussioni sulla linea strategica e programmatica. Vi è l'espulsione dell'ala riformista del movimento che fonderà il Partito Socialista Unitario (PSU).
XX Congresso - Milano, 15-17 aprile 1923
XXI Congresso - Parigi, 19-20 luglio 1930, in esilio
XXII Congresso - Marsiglia, 17-18 aprile 1933, in esilio
XXIII Congresso - Parigi, 26-28 giugno 1937, in esilio
XXIV Congresso - Firenze, 11-17 aprile 1946
XXV Congresso - Roma, 9-13 gennaio 1947
XXVI Congresso - Roma, 19-22 gennaio 1948
XXVII Congresso - Genova, 27 giugno - 1º luglio 1948
XXVIII Congresso - Firenze, 11-16 maggio 1949
XXIX Congresso - Bologna, 17-20 gennaio 1951
XXX Congresso - Milano, 8-11 gennaio 1953
XXXI Congresso - Torino, 31 marzo - 3 aprile 1955
XXXII Congresso - Venezia, 6-10 febbraio 1957
XXXIII Congresso - Napoli, 15-18 gennaio 1959
XXXIV Congresso - Milano, 16-18 marzo 1961
XXXV Congresso - Roma, 25-29 ottobre 1963
XXXVI Congresso - Roma, 10-14 novembre 1965
XXXVII Congresso - Roma, 27-29 ottobre 1966
XXXVIII Congresso - Roma, 23-28 ottobre 1968
XXXIX Congresso - Genova, 9-14 novembre 1972
XL Congresso - Roma, 3-7 marzo 1976
XLI Congresso - Torino, 30 marzo - 2 aprile 1978
XLII Congresso - Palermo, 22-26 aprile 1981
XLIII Congresso - Verona, 11-15 maggio 1984
XLIV Congresso - Rimini, 31 marzo - 5 aprile 1987
XLV Congresso - Milano, 13-16 maggio 1989
XLVI Congresso (straordinario) - Bari, 27-30 giugno 1991
XLVII Congresso - Roma, 11-12 novembre 1994
Scioglimento del Partito.
[modifica] Iscritti
Andamento storico degli iscritti a DC, PCI e PSI
1945 - 700.000
1946 - 860.300
1947 - 822.000
1948 - 531.031
1949 - 430.258
1950 - 700.000
1951 - 720.000
1952 - 750.000
1953 - 780.000
1954 - 754.000
1955 - 770.000
1956 - 710.000
1957 - 477.000
1958 - 486.652
1959 - 484.652
1960 - 489.837
1961 - 465.259
1962 - 491.216
1963 - 491.676
1964 - 446.250
1965 - 437.458
1966 - 700.964 (Con il PSDI)
1967 - 633.573 (Con il PSDI)
1968 - —
1969 - —
1970 - 506.533
1971 - 592.586
1972 - 560.187
1973 - 465.183
1974 - 511.741
1975 - 539.339
1976 - 509.388
1977 - 482.916
1978 - 479.769
1979 - 472.544
1980 - 514.918
1981 - 527.460
1982 - 555.956
1983 - 566.612
1984 - 571.821
1985 - 583.282
1986 - 593.231
1987 - 620.557
1988 - 630.692
1989 - 635.504
1990 - 660.195
1991 - 674.057
1992 - 51.224
1993 - -
1994 - 43.052
[modifica] Correnti
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1959
Mozione Nenni - 273.271 voti - 47 seggi
Mozione Basso - 40.933 voti - 7 seggi
Mozione Vecchietti - 153.060 - 27 seggi
1965
Mozione Nenni-De Martino - 345.907 voti - 80 seggi
Mozione Giolitti-Lombardi - 80.923 voti - 19 seggi
Mozioni locali - 6.660 voti - 2 seggi
1976
Mozione De Martino 42,7%
Mozione Mancini 19,8%
Mozione Lombardi 17,8%
Mozione Nenni 14%
Mozione Bertoldi 5,7%
1989
1991
1994
Mozione Del Turco - 63,26%
Mozione Manca-Cicchitto - 11,81%
Mozioni locali (Biscardini e Nencini) - 24,93%
[modifica] Esponenti, iscritti illustri e simpatizzanti
Elenco degli esponenti del Partito Socialista Italiano
[modifica] Giornali e riviste
Avanti!
Avanti Europa
Azione Socialista
Critica Sociale
Mondoperaio
Il compagno
[modifica] Note
^ Gaetano Salvemini nota in I partiti politici milanesi del XIX secolo Mursia ISBN 9788842548423 che Milano tende ad anticipare i fenomeni politici italiani
^ Presente ad esempio all'interno della Democrazia cristiana, dove era svolto da Severino Citaristi: cfr. Goffredo Buccini, L' omino in grigio con 64 avvisi di garanzia, Corriere della Sera (1 dicembre 1993) - Pagina 3.
^ Dall'archivio storico del Corriere della Sera. Sul fatto che Giuliano Amato non esprimesse una corrente radicata sul territorio, vedasi Rino Formica nell'intervista a Claudio Sabelli Fioretti per “La Stampa” del 10 dicembre 2008, secondo cui, a differenza della lunga esperienza ministeriale, Amato nella vita del partito «contava meno del due di briscola». Nella stessa intervista, alla domanda "Non sapeva del sistema delle tangenti…?" Formica risponde :«Come uno che fa parte di una famiglia dove entra uno stipendio di mille euro al mese ma si vive al ritmo di 2 mila euro al giorno (...) Amato non era un intellettuale organico. Era ingaggiato. Un professionista. Praticamente un tassista». Uno degli atout di questo professionismo svincolato da un mandato politico era rappresentato dal vivo gradimento degli Stati Uniti d'America: ricordando che per la propria nomina a premier nella sede della CIA si brindò a spumante, Cossiga chiosò, in riferimento a quella di Amato: "Sono sicuro che a Langley, Virginia, avranno brindato a champagne per la sua nomina..."(«Caro Berlusconi, con Amato per te sarà dura», intervista a Cossiga di Ugo Magri,La Stampa, 30 aprile 2000).
^ Secondo il Corriere della sera, 14 luglio 2008, "si parlò di una busta con i conti esteri, consegnata al nuovo segretario e strappata. «A Del Turco — racconta Bobo Craxi — fu fatto sapere che, come tutti i partiti "leninisti", anche il nostro aveva munizioni nascoste in caso di guerra. Insomma, risorse altrove da usare per le calamità; e la calamità era arrivata. Lui rispose che non voleva saperne»." L'episodio, secondo Marco Travaglio, non troverebbe conferma negli atti processuali: la sentenza All Iberian, pronunciata in primo grado ma conclusasi nei successivi gradi per prescrizione, affermava che "Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi (...) Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti". Nelle confessioni del coimputato Tradati si legge poi che "i soldi non finirono al partito, a parte 2 miliardi per pagare gli stipendi". Peraltro, si dà conto anche del fatto che "Raggio ha manifestato stupore per il fatto che, dopo la sua cessazione dalla carica di segretario del Psi, Craxi si sia astenuto dal consegnare al suo successore i fondi contenuti nei conti esteri". Cfr. ((http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2409496&title=2409496)).
^ Forza Italia (Simone Baldelli, Massimo Baldini, Paolo Bonaiuti, Margherita Boniver, Anna Bonfrisco, Renato Brunetta, Francesco Brusco, Giulio Camber, Giampiero Cantoni, Fabrizio Cicchitto, Francesco Colucci, Stefania Craxi, Luigi Cesaro, Gaetano Fasolino, Antonio Gentile, Paolo Guzzanti, Raffaele Iannuzzi, Vanni Lenna, Chiara Moroni, Francesco Musotto, Emiddio Novi, Gaetano Pecorella, Marcello Pera, Mauro Pili, Sergio Pizzolante, Gaetano Quagliariello, Maurizio Sacconi, Jole Santelli, Amalia Sartori, Aldo Scarabosio, Giorgio Stracquadanio, Renzo Tondo e Giulio Tremonti), PS (Rapisardo Antinucci, Alessandro Battilocchio, Enrico Boselli, Enrico Buemi, Giovanni Crema, Mauro Del Bue, Gianni De Michelis, Lello Di Gioia, Pia Elda Locatelli, Giacomo Mancini Jr., Angelo Piazza, Valdo Spini e Roberto Villetti), PD (Giuliano Amato, Giorgio Benvenuto, Antonello Cabras, Laura Fincato, Carlo Fontana (politico), Linda Lanzillotta, Maria Leddi, Beatrice Magnolfi, Pierluigi Mantini, Gianni Pittella, Tiziano Treu e Sergio Zavoli), MpA (Pietro Reina e Giuseppe Saro), Nuovo PSI (Lucio Barani), UDC (Giuseppe Drago) indipendenti (Giovanni Ricevuto).
^ Veltroni consegna l'Italia a BerlusconiBoselli : il Congresso sceglierà il nuovo leader - Partito Socialista - News
^ dal marzo 1994 il partito, in seguito alle dimissioni di Del Turco, benché il segretario restasse formalmente in carica, fu guidato dal Coordinatore nazionale Valdo Spini
[modifica] Bibliografia
Storia del socialismo italiano : da Turati al dopo Craxi / Giorgio Galli. - Milano : Baldini Castoldi Dalai, [2007]. - 555 p. ; 22 cm
"Bettino Craxi, il riformismo e la sinistra italiana" a cura di Andrea Spiri, Venezia: Marsilio, 2011
"Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale" a cura di Andrea Spiri, Venezia: Marsilio, 2006
"Il socialismo di Craxi" a cura di U. Finetti, Milano: M&B Publishing, 2003
"Socialismo italiano. Cento anni di storia. Il PSI 1892 1992." Milano: M&B Publishing, 2003
[modifica] Voci correlate
Socialismo
Cattosocialisti (con radici e rifondazione di esperienza politiche) definibili nell'alveo del Partito Cristiano Sociale e del socialismo non marxista
Sistema politico della Repubblica Italiana
Storia del sistema politico italiano
Corte di nani e ballerine, espressione coniata da Rino Formica con riferimento a molti membri dell'Assemblea Nazionale
Lega Internazione dei Lavoratori
Donne Partito Socialista
[modifica] Altri progetti
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Partito Socialista Italiano
[modifica] Collegamenti esterni
Logo PSIUP 1946
Logo PSI 1949-1971
Logo PSI 1971-1978
Logo PSI aprile-ottobre 1978
Logo PSI 1978-1985
Logo PSI 1985-1990
Logo PSI 1990-1994
Logo PSI 1994
[espandi] v · d · mPartiti Socialisti Italiani
[nascondi] v · d · mPartiti politici italiani della Prima Repubblica
Maggiori Democrazia Cristiana – Partito Comunista Italiano – Partito Socialista Italiano
Medi Partito Liberale Italiano – Partito Nazionale Monarchico - Partito Socialista Democratico Italiano - Partito Repubblicano Italiano - Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale
Minori Partito Radicale - Fronte dell'Uomo Qualunque - Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria - Democrazia Proletaria - Partito di Unità Proletaria - Partito Monarchico Popolare - Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica - Democrazia Nazionale - Costituente di Destra
Sistema politico della Repubblica Italiana – Camera dei deputati – Senato della Repubblica – Parlamento europeo
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Durante il regime fascista e, in particolare, dopo la messa al bando di tutti i partiti ad eccezione del Partito Nazionale Fascista, il PSI continuò, nei limiti del possibile, la sua attività nella clandestinità, mentre la direzione del partito tentava d'informarsi sulla vita politica del Paese e d'influire sulla stessa dall'esilio francese.
Indice [nascondi]
1 Le origini del movimento socialista in Italia
2 Il Partito dalla nascita all'avvento della Repubblica
2.1 1892: fondazione del partito
2.2 1907: uscita dei sindacalisti rivoluzionari
2.3 1910: crescenti divisioni, la presenza di Mussolini
2.4 1912: la scissione del PSRI di Bissolati
2.5 1914: la crisi dell'interventismo
2.6 La scissione dei comunisti (1921), quella riformista (1922) e la clandestinità
2.7 La rinascita (1943); tra la Resistenza e la Repubblica
3 Dalla Costituente al centro-sinistra
3.1 La scissione socialdemocratica
3.2 I primi governi di centro-sinistra: il "centro-sinistra organico"
3.3 La breve esperienza del PSI-PSDI Unificati
4 Craxi
4.1 La segreteria di Bettino Craxi
4.2 Il simbolo del garofano rosso
4.3 L'allontanamento dal marxismo
4.4 1992 - 1994: la crisi del partito
4.5 La "diaspora socialista"
5 La rinascita del PSI
6 Risultati elettorali
7 Segretari
8 Congressi
9 Iscritti
10 Correnti
11 Esponenti, iscritti illustri e simpatizzanti
12 Giornali e riviste
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
[modifica] Le origini del movimento socialista in Italia
In Italia la crescita del movimento operaio si delinea sulla fine del XIX secolo. Le prime organizzazioni di lavoratori sono le società di mutuo soccorso e le cooperative di tradizione mazziniana e a fine solidaristico. La presenza in Italia di Bakunin dal 1864 al 1867 dà impulso alla prima organizzazione socialista-anarchica, ma aperta anche ad istanze più generalmente democratiche e anche autonomiste: la Lega Internazionale dei Lavoratori (opposta all' Associazione internazionale dei lavoratori di Karl Marx). L'episodio anarco-socialista di propaganda più noto è quello del 1877 (un gruppo di anarchici tentò di far sollevare i contadini del Matese). La strategia insurrezionale fallisce mentre riscuote molto successo il partito Socialdemocratico nelle elezioni del 1877. Intanto la Lega Internazione dei Lavoratori nel 1874 si era sciolta e l'anima più moderata, guidata da Andrea Costa, sosteneva la necessità di incanalare le energie rivoluzionarie in un'organizzazione partitica disposta a competere alle elezioni. Tra i più convinti sostenitori di questa linea troviamo Bignami e Gnocchi-Viani con la rivista " La Plebe" (di Lodi), alla quale poi si affiancano altre pubblicazioni come le "Lettere aperte agli amici di Romagna", dove si denuncia il carattere settario di certi esponenti del movimento anarchico-democratico e l'astensionismo elettorale. Nel 1881 Andrea Costa organizza il Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna, che sosteneva, fra l'altro, le lotte dei lavoratori, l'agitazione per riforme economiche e politiche, la partecipazione alle elezioni amministrative e politiche. Il partito di Costa incontrò grandi difficoltà anche se riesce ad essere eletto alla Camera come primo deputato socialista. Alle elezioni del 1882 si presenta il Partito Operaio Italiano ma senza successo. Frattanto il movimento operaio si organizza in forme più complesse: Federazioni di mestiere, Camere di lavoro, etc. Le Camere di Lavoro si trasformano in organizzazioni autonome e divengono il punto di aggregazione a livello cittadino di tutti i lavoratori.
[modifica] Il Partito dalla nascita all'avvento della Repubblica
[modifica] 1892: fondazione del partito
Filippo Turati
Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza del Partito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese [1] (d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno al socialismo di ispirazione marxista.
Tra i fondatori della nuova formazione politica, vi è Filippo Turati. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Ferri, che erano provenienti dall'esperienza del Positivismo.
Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, fu attratto dalla socialdemocrazia tedesca e dalle associazioni operaie lombarde. Turati considera il Socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un'ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche.
È nel 1893, nel Congresso di Reggio Emilia, che il partito si dà un'autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano. Nell'ottobre del 1894 il partito venne sciolto per decreto a causa della repressione crispina. In contrapposizione alla repressione vi fu un'alleanza democratico-socialista alle elezioni del 1895, mentre gli attivisti si riorganizzavano come Partito Socialista Italiano.
[modifica] 1907: uscita dei sindacalisti rivoluzionari
La repressione dei moti popolari del 1898 affievolisce il partito che decide di promuovere l'alleanza di tutti partiti dell'estrema sinistra (socialista, repubblicano, radicale). La direzione turatiana vede di buon occhio l'apertura liberale di Giovanni Giolitti nel 1901. Ma in reazione alla politica dei blocchi popolari e al ministerialismo dei riformisti, dal 1902 appare una corrente rivoluzionaria, guidata da Arturo Labriola, che condivide con l'intransigente Enrico Ferri la direzione del partito dal 1904 al 1906. Dopo lo sciopero generale del settembre 1904 - il primo di questa ampiezza in Italia -, questa corrente propugna i metodi del sindacalismo rivoluzionario mentre i suoi rapporti con il resto del partito vanno peggiorando a tal punto che in un suo congresso, avvenuto a Ferrara nel 1907, è decisa l'uscita dal partito e l'incremento dell'azione autonoma sindacale.
[modifica] 1910: crescenti divisioni, la presenza di Mussolini
Il congresso tenuto a Milano nel 1910 mette in luce crescenti insoddisfazioni e nuove divisioni: Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi criticano Turati da destra, Giuseppe Emanuele Modigliani e Gaetano Salvemini da sinistra. All'estrema sinistra si schiera invece Benito Mussolini, che, in qualità di rappresentante della federazione di Forlì, partecipa per la prima volta ad un congresso nazionale del partito.
[modifica] 1912: la scissione del PSRI di Bissolati
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista di Benito Mussolini e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Ivanoe Bonomi e Leonida Bissolati. Quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista. Bissolati e i suoi danno vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
[modifica] 1914: la crisi dell'interventismo
Allo scoppio della Prima guerra mondiale il partito sviluppò un forte impegno per la neutralità dell'Italia, ma con forti spaccature al suo interno che troveranno un punto di mediazione nella formula "né aderire né sabotare" di Costantino Lazzari.
A partire dagli anni venti, con l'emergere del Partito Nazionale Fascista, le diverse anime del movimento socialista si mossero separatamente dando vita a tre differenti partiti.
[modifica] La scissione dei comunisti (1921), quella riformista (1922) e la clandestinità
Nel 1921 si tiene a Livorno il XVII congresso del partito. Dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Serrati raccolgono 89.028 voti, i comunisti puri 58.783, e i riformisti concentrazionisti 14.695. I comunisti di Bordiga escono dal congresso e fondano il Partito Comunista d'Italia, con lo scopo di aderire ai 14 punti dell'Internazionale. Lenin, infatti, aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami e ad espellere la corrente riformista di Turati, Treves e Prampolini, ricevendo il diniego da parte di Giacinto Menotti Serrati che non intendeva affatto rompere con alcune delle voci più autorevoli (sia pur minoritarie) del partito.
Nell'estate del 1922 Filippo Turati, senza rispettare la disciplina del partito, si reca da Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni per risolvere la crisi di governo. Tuttavia non fu possibile raggiungere un accordo con Giolitti, ed il re diede l'incarico a Facta. Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, la corrente riformista viene espulsa, ad ottobre, nei giorni che precedono la Marcia su Roma di Benito Mussolini. Turati e i suoi danno vita al Partito Socialista Unitario, il cui segretario, Giacomo Matteotti, sarà rapito ed ucciso da alcuni fascisti il 10 giugno 1924. Tra il 1925 e il 1926 Mussolini vieta i partiti e costringe all'esilio o al confino i socialisti. È proprio durante l'esilio che, nel 1930, in Francia, avviene la riunificazione tra i riformisti di Turati ed i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni.
[modifica] La rinascita (1943); tra la Resistenza e la Repubblica
Sandro Pertini
Il 22 agosto 1943 nasce a Roma il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) che raggruppa una parte consistente di personalità influenti della sinistra italiana antifascista, come i futuri presidenti della Repubblica Giuseppe Saragat e Sandro Pertini, il giurista Giuliano Vassalli, lo scrittore Ignazio Silone, l'avvocato Lelio Basso e Giuseppe Romita. A diventare segretario del partito è il romagnolo Pietro Nenni.
Il PSIUP durante la Resistenza partecipa attivamente al Comitato di Liberazione Nazionale e si avvicina in particolare al Partito Comunista Italiano, con una politica di unità d'azione volta a modificare le istituzioni in senso socialista. Questa politica, osteggiata dalla destra del partito guidata da Giuseppe Saragat, è in buona parte legata alla preoccupazione che divisioni interne alla classe operaia possano favorire l'ascesa di movimenti di destra autoritaria, come era avvenuto nel primo dopoguerra con il fascismo.
In occasione del referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, il PSIUP è uno dei partiti più impegnati sul fronte repubblicano, al punto da venire identificato come "il partito della Repubblica".
[modifica] Dalla Costituente al centro-sinistra
[modifica] La scissione socialdemocratica
Il 10 gennaio 1947 il PSIUP riprende la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI). Il cambio di nome avviene nel contesto della scissione della corrente socialdemocratica guidata da Giuseppe Saragat (scissione di palazzo Barberini), il quale darà vita al Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), e marcherà una profonda distanza dai comunisti (ormai definitivamente agganciati allo stalinismo sovietico). Il PSI invece, proseguirà sulla strada delle intese con il PCI, e con quest'ultimo deciderà anche di fare un fronte comune, il Fronte Democratico Popolare, in vista delle elezioni dell'aprile 1948. Questa posizione "unitaria" dei due partiti della sinistra italiana, l'anno successivo farà però perdere la corrente autonomista della nuova destra del partito socialista, capeggiata da Giuseppe Romita, che nel dicembre 1949 si unirà a una parte dei socialisti democratici usciti dal PSLI -perché in polemica con il suo eccessivo "centrismo"- dando vita a un nuovo partito che prenderà il nome di Partito Socialista Unitario (PSU).
Nel maggio 1951 Il PSLI e il PSU si fonderanno nel Partito Socialista - Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista (PS-SIIS), che nel gennaio 1952 diventerà Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
Dopo la sconfitta elettorale del 1948, la lista del Fronte Democratico Popolare non verrà più riproposta, ma il PSI resta alleato col PCI, all'opposizione, per ancora molti anni, ed insieme conducono la battaglia contro la c.d. legge truffa.
[modifica] I primi governi di centro-sinistra: il "centro-sinistra organico"
Una svolta importante nella storia del PSI è costituita dal Congresso di Venezia del 1957, quando, in seguito anche all'invasione sovietica dell'Ungheria, che porta ad una rottura col PCI, il partito comincia a guardare favorevolmente all'alleanza con i moderati della Democrazia Cristiana: si rafforza il nesso socialismo-democrazia e il PSI abbandona i legami con il blocco sovietico.
Il PSI condurrà comunque una forte battaglia al fianco del PCI contro il Governo Tambroni
Nel 1963 il PSI entra definitivamente al Governo, con l'esecutivo guidato da Aldo Moro. Con questo, però, il Partito viene segnato da una nuova spaccatura: la corrente di sinistra esce dal partito e nel gennaio del 1964 dà vita a un nuovo Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP).
[modifica] La breve esperienza del PSI-PSDI Unificati
Il 30 ottobre 1966 il PSI e il PSDI, dopo alcuni anni di comune presenza all'interno dei governi di centro-sinistra, si riunificano nel PSI-PSDI Unificati (soggetto noto con la denominazione Partito Socialista Unificato).
Ma l'unità dura meno di due anni. Il 28 ottobre 1968, il PSI riprenderà la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI), mentre la componente socialdemocratica nel luglio 1969 prenderà il nome di Partito Socialista Unitario (PSU), che nel febbraio 1971 ridiventerà Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).
Tutti questi passaggi e queste scissioni danno un'idea del travaglio politico del PSI di quegli anni, periodo nel quale convivono nel Partito due anime: una tendente a una maggiore coesione con il PCI su ideali che si ispirano a Karl Marx e un'altra tendente a perseguire una politica di riforme progressive che non mettano in discussione l'assetto sostanziale del sistema. All'epoca tra le file socialiste la posizione generalmente maggioritaria era quella della sinistra, tendente ad intensificare i legami con i comunisti, mentre i cosiddetti "autonomisti", sostenitori delle riforme progressive (e quindi più vicini ad un'idea di tipo socialdemocratico), si trovavano in minoranza.
[modifica] Craxi
[modifica] La segreteria di Bettino Craxi
Bettino Craxi
Nel marzo 1976 si tenne il XL congresso del PSI. Le correnti erano cinque:
area Francesco De Martino (42,7%)
area Giacomo Mancini (19,8%)
area Riccardo Lombardi (17,8%)
area Pietro Nenni (14%)
area Gino Bertoldi (5,7%)
La maggioranza venne costituita da un'alleanza fra De Martino e Mancini e prevedeva il primo segretario.
Sotto la guida di Francesco De Martino, il PSI ritira l'appoggio ai governi della DC, con l'obiettivo di supportare la crescita elettorale del PCI al fine di arrivare ad un esecutivo guidato dalle sinistre. De Martino scrisse che il PSI aveva una funzione politica a termine: permettere la completa maturazione del PCI fino alla sua partecipazione diretta al governo. Una volta raggiunta tale maturazione, di fatto, il PSI avrebbe esaurito le proprie funzioni.
Alle elezioni politiche del 1976 il partito socialista ottiene gli stessi risultati elettorali del 1972, il punto più basso di sempre mai raggiunto dal PSI, con un'imprevista flessione negativa rispetto al precedente turno di elezioni amministrative. Lo squilibrio elettorale col PCI sfiora il 25%. Alle elezioni politiche del 1976 dunque il Partito Socialista dopo una campagna per l’alternativa di sinistra alla DC ottenne il risultato elettorale più basso di sempre mai raggiunto dal PSI, con una flessione decisamente negativa. In ogni caso, nel 1976, dopo le elezioni politiche, proprio dal PSI la sopraddetta alternativa era stata resa possibile: vi fu il non dissenso di PSDI, PRI, DP ma non l’assenso del PCI.
In questo contesto il PSI ritira nel comitato centrale del luglio 1976 la fiducia a De Martino, eleggendo segretario nazionale il quarantenne Bettino Craxi, in quel momento vicesegretario e membro di punta della corrente autonomista di Pietro Nenni. Nuovo vicesegretario sarà il dirigente siciliano Salvatore Lauricella.
Nel 1978 si tiene il XLI congresso che vede riconfermato Craxi alla segreteria col 65% di voti (cifra mai raggiunta da un segretario socialista) grazie a un'alleanza con Claudio Signorile e alla "benedizione" dell'ex segretario Giacomo Mancini. L'opposizione è guidata da Enrico Manca. Il partito si rinnova nell'immagine e nell'ideologia: nuovo simbolo del partito diventa (accanto alla tradizionale falce e martello) il garofano rosso in omaggio alla portoghese Rivoluzione dei garofani del 1974, mentre, con un lungo articolo su L'espresso, titolato "Il Vangelo Socialista" (agosto 1978), si sancisce la svolta ideologica, con lo smarcamento dal marxismo, appannaggio di un percorso culturale distinto da quello del PCI e che prende le mosse da Proudhon evolvendosi col socialismo liberale di Carlo Rosselli.
[modifica] Il simbolo del garofano rosso
Sotto la segreteria Craxi avviene un mutamento estetico dei simboli del partito.
Il logo del partito ha subito molti mutamenti nel corso della sua storia.
Un primo mutamento avvenne alla fine degli anni quaranta e una, successiva, nel 1971, senza però pregiudicare il simbolo della falce e martello.
In seguito, il garofano rosso diviene uno dei simboli del patrimonio ideale socialista.
In occasione del 1º maggio 1973 Ettore Vitale, rifacendosi alla tradizione ottocentesca, realizza per la festa dei lavoratori l'immagine di un pugno chiuso che stringe un garofano rosso in orizzontale: la stessa foto verrà utilizzata come logo del XL Congresso socialista (febbraio 1976). Nel frattempo, c'era stata la Rivoluzione dei garofani in Portogallo (1974) e i socialisti francesi avevano adottato un nuovo simbolo che vede un pugno stringere una rosa rossa (1975). Fu così che, nel 1978 al XLI Congresso socialista viene presentato il nuovo simbolo del Psi dove campeggia enorme un garofano rosso a danno di falce, martello e libro, rimpiccioliti in basso. Il simbolo divenne ufficiale, con alcune modifiche.
Il simbolo muterà nuovamente nel 1985, quando il sancito allontanamento del marxismo comportò l'abbandono del libro e della falce e martello.
Il garofano rosso sarà definitivamente accantonato nel 1994 a favore di una rosa rossa.
[modifica] L'allontanamento dal marxismo
L'abbandono del marxismo era stato già effettuato dalla SPD tedesca, durante il drammatico congresso di Bad Godesberg del 1959. La stessa trasformazione avviene in seno agli altri partiti socialisti europei e negli anni Ottanta si svolge anche nel PSI: in quell'anno muore Pietro Nenni e la carica di presidente viene ricoperta da Riccardo Lombardi, che la manterrà per due anni fino ad un contrasto con la segreteria Craxi che lo porterà alle dimissioni.
Nel 1980 si inaugura la stagione del "Pentapartito", costituito dal PSI insieme a DC, PSDI, PLI e PRI, formalizzato con guida socialista nel 1983 (Governo Craxi I e II) e con guida democristiana nel 1987.
Durante tutto il decennio il PSI non si sottrasse al degrado gestionale e di malgoverno amministrativo, imputato da anni alla generalità del sistema dei partiti: gli scandali che diedero luogo ad inchieste penali a carico di esponenti del partito furono quello di Torino (caso Zampini del febbraio 1983, con primo coinvolgimento dell'esponente nazionale Giusy La Ganga), quello di Savona (caso Teardo del giugno 1983, con arresto dell'esponente regionale ligure per associazione a delinquere finalizzata ad intimidire gli imprenditori renitenti alla mazzetta), quello di Brindisi (caso Trane del giugno 1987, con arresto del segretario del ministro dei Trasporti, Claudio Signorile, per tangenti che riguardavano l'aeroporto di Venezia e alcuni scali ferroviari), quello di Viareggio (nell'estate del 1987, con arresto per tangenti di alcuni amministratori locali compreso Walter De Ninno, funzionario della segreteria nazionale del PSI) e quello di Trento (il giudice Carlo Palermo nel giugno del 1983 inizia con alcune perquisizioni ad indagare su forniture d'armi all'Argentina ed a proposito della cooperazione in Somalia e Mozambico, in cui sarebbero stati coinvolti Paolo Pillitteri e Mach di Palmstein).
Nel 1985 il PSI di Bettino Craxi rimuove la falce e il martello dal proprio simbolo per rimarcare la sua intenzione di costruire una sinistra alternativa e profondamente riformista guidata dal PSI e non più egemonizzata dal PCI.
L'elettorato premia questa scelta: la percentuale di consensi infatti sale dal 9,8% ottenuto nel 1979 al 14,3% nel 1987. Il PSI però è ancora ben lontano dal rappresentare una guida alternativa al PCI, il quale ottiene il 26,6% dei voti nel 1987.
Con la caduta del muro di Berlino avvenuta nel 1989, reputando imminente una conseguente crisi del Partito Comunista Italiano, Craxi inaugura l'idea della "Unita Socialista" da costruire insieme con il fidato Psdi e nella quale coinvolgere anche ciò che nascerà dalle ceneri del PCI. Craxi dimostrerà così una certa lungimiranza: come previsto infatti il PCI viene sciolto e gli ex comunisti confluiranno nel più moderato e riformista PDS. Anche i primi riscontri elettorali da parte del PSI paiono incoraggianti, poiché alle elezioni regionali del 1990 i socialisti si portano al 18% come media nazionale.
In questo periodo l'immagine del partito viene quasi a coincidere con quella del suo leader, al punto da parlare di craxismo. La vita interna al partito registra una dialettica sempre più asfittica e la gestione amministrativa - nella quale Rino Formica aveva abbandonato il suo ruolo di tesoriere a favore di Vincenzo Balzamo - vede una preponderanza del segretario politico, riflesso della sua stragrande maggioranza all'interno del congresso: il ruolo di "garante" tra le correnti del segretario amministrativo[2] viene meno con la totalitarietà del consenso craxiano ed il segretario amministrativo si riduce a mero esecutore delle direttive che sempre più puntualmente gli rivolge il segretario politico.
[modifica] 1992 - 1994: la crisi del partito
Nel partito scoppia la crisi nel 1992 in seguito allo scandalo di Tangentopoli, sollevato dalla magistratura con l'inchiesta "Mani Pulite", che colpisce prevalentemente Bettino Craxi ma mette in crisi (quasi) tutti i partiti della cosiddetta Prima Repubblica. Il partito cambia rapidamente molti segretari fino al definitivo sfaldamento in tante parti.
Alle elezioni dell'aprile 1992, il PSI raccoglie il 13,5% dei consensi (perdendo l'1% rispetto alle elezioni politiche precedenti, ma il 4,5% rispetto alle elezioni regionali del 1990) ed elegge 92 deputati e 49 senatori. Il Capo dello Stato Scalfaro chiede a Craxi una terna di candidati all'incarico di Presidente del Consiglio e ne riceve l'indicazione "Amato, De Michelis, Martelli, in ordine rigorosamente alfabetico[3]". La presidenza del Consiglio sarà così affidata al socialista Giuliano Amato ma il suo governo durerà meno di un anno, indebolito dalle critiche al finanziamento pubblico dei partiti, e soprattutto dalla sconfitta dei partiti di governo ai referendum del 18 e 19 aprile 1993.
Nel maggio 1992 arrivano i primi avvisi di garanzia a molti parlamentari tra cui spiccano i nomi dei due ex-sindaci di Milano, Paolo Pillitteri e Carlo Tognoli. A novembre del 1992 l'on. Sergio Moroni e l'amministratore del PSI Vincenzo Balzamo ricevono avvisi di garanzia per ricettazione, corruzione e violazione della legge sui finanziamenti ai partiti. Quello stesso mese Claudio Martelli prende definitivamente le distanze da Craxi fondando il gruppo interno di Rinnovamento Socialista.
Il 26 novembre 1992 l'Assemblea Nazionale del PSI si spacca per la prima volta dopo 11 anni di sostanziale unanimismo craxiano. Vengono presentati tre documenti da parte di Giuseppe La Ganga (pro Craxi), Mauro Del Bue (pro Martelli) e Valdo Spini. Al primo vanno 309 voti (63%), al secondo 160 (33%) e a Spini 20 (4%). Craxi resta ancora saldamente alla guida del partito, ma per la prima volta con una maggioranza più ristretta per via della defezione del gruppo di Martelli.
Bettino Craxi riceve il primo suo avviso di garanzia nel dicembre del 1992, alla vigilia delle elezioni amministrative dalle quali il PSI uscirà decimato: molti voti passano alla Lega Nord e al Movimento Sociale Italiano, unici partiti non pesantemente coinvolti in Tangentopoli. Il 26 gennaio 1993 i "quarantenni" del partito organizzati da poco come Alleanza Riformista promuovono la manifestazione nazionale Uscire dalla crisi. Costruire il futuro. Ad aprire la manifestazione è il Presidente della Regione Emilia-Romagna Enrico Boselli. Il 31 gennaio sarà il gruppo che a novembre aveva votato la mozione Spini a promuovere l'assemblea aperta Il rinnovamento del PSI.
Craxi si dimette da segretario del PSI l'11 febbraio 1993, dopo rivelazioni sul "conto protezione" che coinvolgevano - insieme a Craxi - il suo ex delfino Claudio Martelli nell'accusa di bancarotta fraudolenta. Lo stesso Martelli in quel momento era in lizza per succedere come segretario a Craxi, ma la notizia dell'avviso di garanzia lo spinge a dimettersi dal governo e dal PSI.
Resta dunque Giorgio Benvenuto che verrà eletto segretario all'Assemblea Nazionale del 12 febbraio (il candidato dell’opposizione Valdo Spini riceve 223 voti, pari al 42%) insieme a Gino Giugni come presidente, ma dopo appena cento giorni è costretto alle dimissioni per il continuo ostruzionismo degli ultimi craxiani al progetto di rinnovamento del partito che portava avanti Benvenuto. Anche Giugni si dimette, ma sarà riconfermato nel suo ruolo. Durante la sua segreteria, Benvenuto aveva ottenuto il 4 maggio dall'esecutivo del PSI che gli inquisiti fossero sospesi da ogni attività di partito.
Il 28 maggio l'Assemblea nazionale elegge Ottaviano Del Turco nuovo segretario nazionale. Il gruppo di Spini presenta un documento alternativo. Il giorno dopo nasce il gruppo di Rinascita Socialista guidato da Benvenuto e Enzo Mattina, che via via si defilerà dal PSI.
Alle elezioni amministrative del 6 giugno 1993 il PSI ne uscirà decimato. A Milano, vecchia roccaforte del craxismo il PSI che candida il sindaco uscente Borghini riceve un catastrofico 2,2%. Nelle altre grandi città la situazione non è migliore. A Torino, dove il PSI è in alleanza con il PSDI raccoglie l'1,8%. A Catania, dove la DC faticosamente tiene, il PSI non si presenta nemmeno. Queste elezioni, per quanto limitate a un campione non rappresentativo di tutto l'elettorato italiano, indicano però l'imminente collasso del Partito Socialista. Grazie al voto del sud comunque il PSI è al 5% su base nazionale. Ma al nord, il PSI è svanito schiacciato da una Lega dirompente e un PDS in crescita.
Ottaviano Del Turco sconfessa la posizione difensiva di Craxi rifiutando di raccogliere la sua indicazione di alcuni conti bancari esteri[4]; per salvare il partito promette di non candidare tutti gli esponenti accusati di corruzione.
Il 16 dicembre si tiene l'ultima Assemblea Nazionale, dove Craxi prenderà la parola e dove i craxiani tentano di riprendere il controllo del partito. All'ordine del giorno c'è la proposta di cambiamento del nome e del simbolo (da PSI a PS e dal garofano alla rosa). L'intervento di Craxi è in difesa di tutti i socialisti nella sua stessa condizione di indagato o rinviato a giudizio e contro il gruppo dirigente che vuole portare avanti il rinnovamento e l'ancoramento definitivo a sinistra del partito. Il PSI si schiera con Del Turco con 156 voti contro i 116 pro Craxi.
Ormai il PSI è allo sbando. Nell'agosto 93 il partito, per cause di morosità, deve lasciare la sede storica di Via del Corso, simbolo del potere craxiano. Il Garofano, già nel mirino delle inchieste giudiziarie, deve anche affrontare un deficit pari a 70 miliardi e una galassia di debiti circa pari a 240 miliardi. La crisi finanziaria spinge il PSI a liquidare le riviste storiche di MondOperaio e Critica Sociale. Anche il quotidiano l'Avanti! chiude i battenti. Infatti la direzione nazionale del partito si trasferisce nei locali di Via Tomaselli a Roma, ex-sede dell'Avanti.
Molti craxiani però non condividono le scelte di Del Turco. Con la sostituzione del Garofano con la rosa nel nuovo simbolo del PSI molti dichiarano di lasciare il partito. Ugo Intini e altri craxiani (Boniver, Piro) il 28 gennaio 1994 danno vita alla Federazione dei Socialisti: essa, alle successive elezioni politiche 1994, si presenterà congiuntamente con il Psdi, dando luogo alla lista Socialdemocrazia per le Libertà. La federazione, il 18 dicembre, diventerà poi Movimento Liberal Socialista, dopo una prima «convention» per la costituzione del movimento (15 maggio 1994) e il lancio del quindicinale Non mollare (16 giugno 1994). Ciò che resta dei gruppo parlamentari viene diviso tra quelli pro-Del Turco e pro-Craxi. Il PSI, che per molti anni poteva vantarsi di una centralità nello scenario politico e un'unità stetta attorno al suo capo storico, viene visto come un partito ormai alla fine della sua storia sia politica che culturale.
In occasione delle Elezioni politiche del 1994 ciò che resta del PSI si allea con il PDS nell'Alleanza dei Progressisti, che però perde le elezioni. Si spera di passare il 4% di sbarramento. Il PSI di Del Turco raccoglie il 2,5% dei consensi (pari a circa 800.000 voti). I socialisti riescono così a eleggere (nei collegi uninominali) 14 deputati contro i 92 eletti nel 1992. Del Turco rassegna le dimissioni e viene sostituito da Valdo Spini come coordinatore nazionale. Alle Elezioni europee del 1994, in lista comune con Alleanza Democratica, raccoglie l'1,8%.
[modifica] La "diaspora socialista"
Per approfondire, vedi la voce Partiti e movimenti politici italiani di ispirazione socialista (ex-PSI).
Schiacciato dall'offensiva giudiziaria e da una feroce campagna giornalistica, e dopo una temporanea alleanza con AD, il PSI si scioglie definitivamente con un congresso il 13 novembre 1994 presso la Fiera di Roma. Da quel giorno ha inizio ufficialmente la diaspora socialista in Italia, già iniziata nel 1993.
Lo stesso 13 novembre 1994, subito dopo lo scioglimento, nascono diverse formazioni socialiste distinte:
Socialisti Italiani;
Partito Socialista Riformista.
Altre formazioni attorno alle quali si coagulano le istanze socialiste sono inoltre:
Federazione Laburista;
Alleanza Democratica.
Oltre che nelle formazioni politiche sopra elencate, importanti esponenti del disciolto Partito Socialista Italiano sono anche confluiti attraverso varie esperienze in:
Forza Italia/Il Popolo della Libertà
Democratici di Sinistra-Democrazia è Libertà/Partito Democratico
Collaterali a questi partiti vi sono infatti spesso vere e proprie associazioni politico-culturali d'ispirazione socialista: con Forza italia Noi Riformatori Azzurri, Fondazione Free e Giovane Italia, con il Partito Democratico l'associazione politico-culturale Socialisti Democratici per il Partito Democratico e l'ex corrente diessina dei Socialisti Liberali.
Nella XV legislatura la pattuglia di ex-socialisti del PSI eletti nei due rami del Parlamento e al Parlamento Europeo fu molto ridotta, solo 63 su 1030 provenivano dal PSI: 33 sono di Forza Italia, 13 PS, 12 PD, 2 del MpA, 1 del Nuovo PSI, 1 dell'UDC e 1 non aderisce a nessun partito (Giovanni Ricevuto)[5].
In definitiva, caratteristica italiana è quella di vedere il proprio panorama politico seminato da diversi gruppi d'ispirazione socialista, a differenza di quanto si riscontra generalmente in altri Paesi, dove esiste di norma un unico partito di ispirazione socialista e/o socialdemocratica. Tuttavia idee e contributi di matrice socialista hanno contaminato larga parte della sinistra italiana, con la possibilità di influire nei successivi processi di aggregazione che si sono realizzati e che si profileranno nello scenario politico.
[modifica] La rinascita del PSI
Per approfondire, vedi la voce Partito Socialista Italiano (attuale).
Negli ultimi anni si è assistito alla rinascita del PSI, sia pure fortemente ridimensionato, ad opera di esponenti politici di varia provenienza, la maggioranza dei quali provenienti dallo SDI e dal Nuovo PSI. Nel luglio 2007, Enrico Boselli, segretario dei Socialisti Democratici Italiani (allora gruppo Rosa nel Pugno), annunciò di voler ricostituire l'originale PSI, dando vita ad una Costituente, aperta alle forze laiche, di sinistra moderata e democratica, che non si riconoscono nel Partito Democratico. Si è così costituito un nuovo soggetto politico che ha preso il nome di "Partito Socialista". Alle elezioni politiche dell'aprile 2008 il PS ha ottenuto lo 0,9% dei consensi. Il risultato elettorale, insufficiente per eleggere rappresentanti socialisti in parlamento, ha portato alle dimissioni di Enrico Boselli in forte polemica con Walter Veltroni [6]. Il congresso di fine giugno 2008 vede affrontarsi tre candidati per la carica di segretario: Riccardo Nencini, attuale presidente del Consiglio Regionale della Toscana e forte esponente della linea continuatrice alla visione di Enrico Boselli che punta all'alleanza con il Partito Democratico, Pia Locatelli, eurodeputata e sostenitrice della tesi lanciata all'assemblea di Chianciano Terme, per un soggetto politico liberale, radicale, socialista e laico e Angelo Sollazzo che auspica un'apertura con i partiti della sinistra radicale. La vittoria va a Riccardo Nencini. Il 7 ottobre 2009 il PS riprende lo storico nome di Partito Socialista Italiano.
[modifica] Risultati elettorali
– Partito Socialista Italiano alle Elezioni Politiche
Elezione Parlamento Voti % Seggi
1895
1897
1900
1904
1909
1913
1919
1921
1924
1946
1948
1953
1958
1963
1968
1972
1976
1979
1983
1987
1992
1994
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Camera
Costituente
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
Camera
Senato
?
?
97.368
108.510
170.000
902.809
1.834.792
1.569.559
341.528
4.758.129
8.137.047°
6.969.122°
3.441.305
2.893.148
4.208.111
3.682.806
4.257.300
3.849.878
4.605.832^
4.355.506^
3.210.427
3.225.804
3.542.998
3.209.987
3.596.802
3.255.104
4.223.362
3.541.101
5.505.690
4.497.672"
5.343.930
4.513.354
849.429
nei Progressisti
2,95
2,95
6,5
5,7
8,1
17,7
32,3
24,7
4,9
20,7
31,0 nel FDP°
30,8 nel FDP°
12,6
11,9
14,2
14,1
13,8
14,0
14,4
15,2
9,6
10,7
9,6
10,3
9,8
10,3
11,4
11,3
14,2
13,9"
13,6
13,5
2,1
-
15
15
33
29
41
52
156
123
22
115
57
41*
75
30
84
36
87
44
91
46
61
33
57
29
62
32
73
38
94
45
92
49
14
6
° in comune col PCI nel Fronte Democratico Popolare
^ ingloba il PSDI
" con alcune candidature congiunte con PSDI e PR
* con i senatori aventiniani di diritto
– Partito Socialista Italiano alle Elezioni Europee
Elezione Parlamento Voti % Seggi
1979
1984
1989
1994 Parl. Europeo
Parl. Europeo
Parl. Europeo
Parl. Europeo 3.858.295
3.932.812
5.154.515
600.106 11,3
11,2
14,8
1,8 9
9
12
2
[modifica] Segretari
Pompeo Ciotti (1909-1912)
Costantino Lazzari (1912-1918, 1919)
Egidio Gennari (1918-1919)
Nicola Bombacci (1919-1921)
Domenico Fioritto (1921-1923)
Tito Oro Nobili (1923-1925)
Olindo Vernocchi (1925-1930)
Ugo Coccia (1930-1931)
Pietro Nenni (agosto 1931 - aprile 1945)
Sandro Pertini (aprile 1945 - aprile 1946)
Ivan Matteo Lombardo (aprile 1946 - gennaio 1947)
Lelio Basso (gennaio 1947 - giugno 1948)
Alberto Jacometti (giugno 1948 - maggio 1949)
Pietro Nenni (maggio 1949 - novembre 1963)
Francesco De Martino (novembre 1963 - ottobre 1966)
Francesco De Martino e Mario Tanassi, co-segretari (ottobre 1966 - ottobre 1968)
Mauro Ferri (ottobre 1968 - luglio 1969)
Francesco De Martino (luglio 1969 - aprile 1970)
Giacomo Mancini (aprile 1970 - novembre 1972)
Francesco De Martino (novembre 1972 - luglio 1976)
Bettino Craxi (luglio 1976 - febbraio 1993)
Giorgio Benvenuto (febbraio - maggio 1993)
Ottaviano Del Turco (maggio 1993 - novembre 1994)[7]
[modifica] Congressi
I Congresso - Genova, 14-15 agosto 1892
Fondazione di un nuovo partito che unisce diverse associazioni a due partiti nati pochi anni prima. Il nuovo partito viene nominato Partito dei Lavoratori Italiani e assume le idee socialiste come linee guida.
II Congresso - Reggio Emilia, 8-10 settembre 1893
Il partito muta il suo nome in Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI).
III Congresso - Parma, 13 gennaio 1895
Il congresso venne tenuto in clandestinità a causa dello scioglimento per decreto voluto da Crispi. Il partito assume la denominazione di Partito Socialista Italiano (PSI).
IV Congresso - Firenze, 11-13 luglio 1896
Nasce il quotidiano socialista L'Avanti!.
V Congresso - Bologna, 18-20 settembre 1897
VI Congresso - Roma, 8-11 settembre 1900
Formazione di una corrente del socialismo riformista all'interno del partito.
VII Congresso - Imola, 6-9 settembre 1902
Il Tempo di Milano diventa quotidiano della corrente socialista riformista.
VIII Congresso - Bologna, 8-11 aprile 1904
Prevalgono le istanze intransigenti e rivoluzionarie del partito.
IX Congresso - Roma, 7-10 ottobre 1906
Prevalgono le istanze integraliste del partito.
X Congresso - Firenze, 19-22 settembre 1908
Prevalgono le istanze integraliste e riformiste del partito. È proclamata l'incompatibilità dei sindacalisti rivoluzionari con il partito.
XI Congresso - Milano, 21-25 ottobre 1910
Prevalgono le istanze riformiste del partito.
XII Congresso (straordinario) - Modena, 15-18 ottobre 1911
Prevalgono le istanze riformiste del partito.
XIII Congresso - Reggio Emilia, 7-10 luglio 1912
Prevalgono le istanze rivoluzionarie del partito. Espulsione di alcuni componenti della frazione riformista che andranno a fondare il Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
XIV Congresso - Ancona, 26-29 aprile 1914
Prevalgono le istanze rivoluzionarie del partito. Dichiarazione di opposizione alla prima guerra mondiale.
XV Congresso - Roma, 1-5 settembre 1918
Prevalgono le istanze massimaliste del partito, legate al marxismo.
XVI Congresso - Bologna, 5-8 ottobre 1919
Prevalgono le istanze massimaliste del partito. Formazione di un nuovo programma per il partito, sull'onda della rivoluzione d'ottobre in Russia e sul successo elettorale in Italia. Lotta e conquista delle 8 ore lavorative.
XVII Congresso - Livorno, 15-21 gennaio 1921
Il congresso si apre con forti discussioni sulla linea strategica e programmatica. La frazione rivoluzionaria si scinde e forma il Partito Comunista d'Italia (PCd'I).
XVIII Congresso - Milano, 10-15 ottobre 1921
XIX Congresso - Roma, 1-4 ottobre 1922
Il congresso si apre con forti discussioni sulla linea strategica e programmatica. Vi è l'espulsione dell'ala riformista del movimento che fonderà il Partito Socialista Unitario (PSU).
XX Congresso - Milano, 15-17 aprile 1923
XXI Congresso - Parigi, 19-20 luglio 1930, in esilio
XXII Congresso - Marsiglia, 17-18 aprile 1933, in esilio
XXIII Congresso - Parigi, 26-28 giugno 1937, in esilio
XXIV Congresso - Firenze, 11-17 aprile 1946
XXV Congresso - Roma, 9-13 gennaio 1947
XXVI Congresso - Roma, 19-22 gennaio 1948
XXVII Congresso - Genova, 27 giugno - 1º luglio 1948
XXVIII Congresso - Firenze, 11-16 maggio 1949
XXIX Congresso - Bologna, 17-20 gennaio 1951
XXX Congresso - Milano, 8-11 gennaio 1953
XXXI Congresso - Torino, 31 marzo - 3 aprile 1955
XXXII Congresso - Venezia, 6-10 febbraio 1957
XXXIII Congresso - Napoli, 15-18 gennaio 1959
XXXIV Congresso - Milano, 16-18 marzo 1961
XXXV Congresso - Roma, 25-29 ottobre 1963
XXXVI Congresso - Roma, 10-14 novembre 1965
XXXVII Congresso - Roma, 27-29 ottobre 1966
XXXVIII Congresso - Roma, 23-28 ottobre 1968
XXXIX Congresso - Genova, 9-14 novembre 1972
XL Congresso - Roma, 3-7 marzo 1976
XLI Congresso - Torino, 30 marzo - 2 aprile 1978
XLII Congresso - Palermo, 22-26 aprile 1981
XLIII Congresso - Verona, 11-15 maggio 1984
XLIV Congresso - Rimini, 31 marzo - 5 aprile 1987
XLV Congresso - Milano, 13-16 maggio 1989
XLVI Congresso (straordinario) - Bari, 27-30 giugno 1991
XLVII Congresso - Roma, 11-12 novembre 1994
Scioglimento del Partito.
[modifica] Iscritti
Andamento storico degli iscritti a DC, PCI e PSI
1945 - 700.000
1946 - 860.300
1947 - 822.000
1948 - 531.031
1949 - 430.258
1950 - 700.000
1951 - 720.000
1952 - 750.000
1953 - 780.000
1954 - 754.000
1955 - 770.000
1956 - 710.000
1957 - 477.000
1958 - 486.652
1959 - 484.652
1960 - 489.837
1961 - 465.259
1962 - 491.216
1963 - 491.676
1964 - 446.250
1965 - 437.458
1966 - 700.964 (Con il PSDI)
1967 - 633.573 (Con il PSDI)
1968 - —
1969 - —
1970 - 506.533
1971 - 592.586
1972 - 560.187
1973 - 465.183
1974 - 511.741
1975 - 539.339
1976 - 509.388
1977 - 482.916
1978 - 479.769
1979 - 472.544
1980 - 514.918
1981 - 527.460
1982 - 555.956
1983 - 566.612
1984 - 571.821
1985 - 583.282
1986 - 593.231
1987 - 620.557
1988 - 630.692
1989 - 635.504
1990 - 660.195
1991 - 674.057
1992 - 51.224
1993 - -
1994 - 43.052
[modifica] Correnti
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1959
Mozione Nenni - 273.271 voti - 47 seggi
Mozione Basso - 40.933 voti - 7 seggi
Mozione Vecchietti - 153.060 - 27 seggi
1965
Mozione Nenni-De Martino - 345.907 voti - 80 seggi
Mozione Giolitti-Lombardi - 80.923 voti - 19 seggi
Mozioni locali - 6.660 voti - 2 seggi
1976
Mozione De Martino 42,7%
Mozione Mancini 19,8%
Mozione Lombardi 17,8%
Mozione Nenni 14%
Mozione Bertoldi 5,7%
1989
1991
1994
Mozione Del Turco - 63,26%
Mozione Manca-Cicchitto - 11,81%
Mozioni locali (Biscardini e Nencini) - 24,93%
[modifica] Esponenti, iscritti illustri e simpatizzanti
Elenco degli esponenti del Partito Socialista Italiano
[modifica] Giornali e riviste
Avanti!
Avanti Europa
Azione Socialista
Critica Sociale
Mondoperaio
Il compagno
[modifica] Note
^ Gaetano Salvemini nota in I partiti politici milanesi del XIX secolo Mursia ISBN 9788842548423 che Milano tende ad anticipare i fenomeni politici italiani
^ Presente ad esempio all'interno della Democrazia cristiana, dove era svolto da Severino Citaristi: cfr. Goffredo Buccini, L' omino in grigio con 64 avvisi di garanzia, Corriere della Sera (1 dicembre 1993) - Pagina 3.
^ Dall'archivio storico del Corriere della Sera. Sul fatto che Giuliano Amato non esprimesse una corrente radicata sul territorio, vedasi Rino Formica nell'intervista a Claudio Sabelli Fioretti per “La Stampa” del 10 dicembre 2008, secondo cui, a differenza della lunga esperienza ministeriale, Amato nella vita del partito «contava meno del due di briscola». Nella stessa intervista, alla domanda "Non sapeva del sistema delle tangenti…?" Formica risponde :«Come uno che fa parte di una famiglia dove entra uno stipendio di mille euro al mese ma si vive al ritmo di 2 mila euro al giorno (...) Amato non era un intellettuale organico. Era ingaggiato. Un professionista. Praticamente un tassista». Uno degli atout di questo professionismo svincolato da un mandato politico era rappresentato dal vivo gradimento degli Stati Uniti d'America: ricordando che per la propria nomina a premier nella sede della CIA si brindò a spumante, Cossiga chiosò, in riferimento a quella di Amato: "Sono sicuro che a Langley, Virginia, avranno brindato a champagne per la sua nomina..."(«Caro Berlusconi, con Amato per te sarà dura», intervista a Cossiga di Ugo Magri,La Stampa, 30 aprile 2000).
^ Secondo il Corriere della sera, 14 luglio 2008, "si parlò di una busta con i conti esteri, consegnata al nuovo segretario e strappata. «A Del Turco — racconta Bobo Craxi — fu fatto sapere che, come tutti i partiti "leninisti", anche il nostro aveva munizioni nascoste in caso di guerra. Insomma, risorse altrove da usare per le calamità; e la calamità era arrivata. Lui rispose che non voleva saperne»." L'episodio, secondo Marco Travaglio, non troverebbe conferma negli atti processuali: la sentenza All Iberian, pronunciata in primo grado ma conclusasi nei successivi gradi per prescrizione, affermava che "Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi (...) Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti". Nelle confessioni del coimputato Tradati si legge poi che "i soldi non finirono al partito, a parte 2 miliardi per pagare gli stipendi". Peraltro, si dà conto anche del fatto che "Raggio ha manifestato stupore per il fatto che, dopo la sua cessazione dalla carica di segretario del Psi, Craxi si sia astenuto dal consegnare al suo successore i fondi contenuti nei conti esteri". Cfr. ((http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2409496&title=2409496)).
^ Forza Italia (Simone Baldelli, Massimo Baldini, Paolo Bonaiuti, Margherita Boniver, Anna Bonfrisco, Renato Brunetta, Francesco Brusco, Giulio Camber, Giampiero Cantoni, Fabrizio Cicchitto, Francesco Colucci, Stefania Craxi, Luigi Cesaro, Gaetano Fasolino, Antonio Gentile, Paolo Guzzanti, Raffaele Iannuzzi, Vanni Lenna, Chiara Moroni, Francesco Musotto, Emiddio Novi, Gaetano Pecorella, Marcello Pera, Mauro Pili, Sergio Pizzolante, Gaetano Quagliariello, Maurizio Sacconi, Jole Santelli, Amalia Sartori, Aldo Scarabosio, Giorgio Stracquadanio, Renzo Tondo e Giulio Tremonti), PS (Rapisardo Antinucci, Alessandro Battilocchio, Enrico Boselli, Enrico Buemi, Giovanni Crema, Mauro Del Bue, Gianni De Michelis, Lello Di Gioia, Pia Elda Locatelli, Giacomo Mancini Jr., Angelo Piazza, Valdo Spini e Roberto Villetti), PD (Giuliano Amato, Giorgio Benvenuto, Antonello Cabras, Laura Fincato, Carlo Fontana (politico), Linda Lanzillotta, Maria Leddi, Beatrice Magnolfi, Pierluigi Mantini, Gianni Pittella, Tiziano Treu e Sergio Zavoli), MpA (Pietro Reina e Giuseppe Saro), Nuovo PSI (Lucio Barani), UDC (Giuseppe Drago) indipendenti (Giovanni Ricevuto).
^ Veltroni consegna l'Italia a BerlusconiBoselli : il Congresso sceglierà il nuovo leader - Partito Socialista - News
^ dal marzo 1994 il partito, in seguito alle dimissioni di Del Turco, benché il segretario restasse formalmente in carica, fu guidato dal Coordinatore nazionale Valdo Spini
[modifica] Bibliografia
Storia del socialismo italiano : da Turati al dopo Craxi / Giorgio Galli. - Milano : Baldini Castoldi Dalai, [2007]. - 555 p. ; 22 cm
"Bettino Craxi, il riformismo e la sinistra italiana" a cura di Andrea Spiri, Venezia: Marsilio, 2011
"Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale" a cura di Andrea Spiri, Venezia: Marsilio, 2006
"Il socialismo di Craxi" a cura di U. Finetti, Milano: M&B Publishing, 2003
"Socialismo italiano. Cento anni di storia. Il PSI 1892 1992." Milano: M&B Publishing, 2003
[modifica] Voci correlate
Socialismo
Cattosocialisti (con radici e rifondazione di esperienza politiche) definibili nell'alveo del Partito Cristiano Sociale e del socialismo non marxista
Sistema politico della Repubblica Italiana
Storia del sistema politico italiano
Corte di nani e ballerine, espressione coniata da Rino Formica con riferimento a molti membri dell'Assemblea Nazionale
Lega Internazione dei Lavoratori
Donne Partito Socialista
[modifica] Altri progetti
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[modifica] Collegamenti esterni
Logo PSIUP 1946
Logo PSI 1949-1971
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Logo PSI 1978-1985
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[espandi] v · d · mPartiti Socialisti Italiani
[nascondi] v · d · mPartiti politici italiani della Prima Repubblica
Maggiori Democrazia Cristiana – Partito Comunista Italiano – Partito Socialista Italiano
Medi Partito Liberale Italiano – Partito Nazionale Monarchico - Partito Socialista Democratico Italiano - Partito Repubblicano Italiano - Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale
Minori Partito Radicale - Fronte dell'Uomo Qualunque - Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria - Democrazia Proletaria - Partito di Unità Proletaria - Partito Monarchico Popolare - Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica - Democrazia Nazionale - Costituente di Destra
Sistema politico della Repubblica Italiana – Camera dei deputati – Senato della Repubblica – Parlamento europeo
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ANTONIO GRAMSCI
Indubbiamente Antonio Gramsci é la figura più importante del marxismo italiano. Nato ad Ales (Oristano) nel 1891, grazie ad una borsa di studio si potè iscrivere, nel 1911, alla facoltà di lettere all'università di Torino, ma verso la fine del 1913 aderì al Partito Socialista e abbandonò gli studi per dedicarsi attivamente alla politica. Contrario alla linea riformista, saluta con entusiasmo la rivoluzione russa, da lui interpretata, specialmente in un articolo pubblicato sull' Avanti! del 24/12/1917 e intitolato La rivoluzione contro il 'Capitale' , come la dimostrazione che l'iniziativa rivoluzionaria può avere successo anche saltando fasi (come quella dello sviluppo capitalistico, pressochè assente in un Paese arretrato come la Russia) previste invece come necessarie dalle interpretazioni gradualistiche del processo storico. Nel 1919 fondò il settimanale 'L'ordine nuovo' e appoggiò la costituzione dei consigli di fabbrica a Torino. Nel settembre 1920 ebbe luogo l'occupazione delle fabbriche e la lotta si estese in tutta la Penisola, mentre il Governo Giolitti manteneva una posizione neutrale. A Livorno, nel 1921, Gramsci partecipò al Congresso socialista, contribuendo alla scissione che diede luogo al Partito Comunista; nominato rappresentante del Partito Comunista presso la Terza internazionale risiedette per due anni a Mosca. Eletto deputato nel 1924, rientrò in Italia e fondò il quotidiano 'l'Unità' , ma nel 1926 fu arrestato (nonostante godesse dell'immunità parlamentare) dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato a 20 anni di carcere. Qui la sua salute andò peggiorando fino a portarlo alla morte, avvenuta nel 1937, in una clinica di Roma, poco dopo essere stato amnistiato. Nel 1929, in carcere a Turi, aveva iniziato la stesura di appunti e analisi che sarebbero stati pubblicati in 6 volumi dopo la guerra, fra il 1948 e il 1951, con il titolo Quaderni del carcere . Problema di Gramsci é quello di individuare le condizioni di possibilità per la transizione al comunismo nella specificità della situazione italiana. Egli ne scorse la via in un'alleanza tra gli operai del nord e i contadini del sud e, al tempo stesso, nella conquista di un' egemonia sulla società civile, come preparazione alla conquista del potere, un'egemonia da attuare anche nei libri di storia, cercando di indurre gli studenti ad abbracciare il comunismo. La supremazia di una classe all'interno della società si manifesta, infatti, attraverso la forza e attraverso la direzione intellettuale e morale. Il momento della forza appartiene alla società politica, mentre quello del consenso appartiene alla società civile; gli intellettuali sono quelli che hanno il compito di ottenere il consenso, mentre la classe politica è costituita da quelli che si servono della forza per raggiungere quel che non é ottenibile con il consenso. Quest'ultima ha, dunque, bisogno di intellettuali al suo servizio, anche se questi pretendono o si illudono di essere indipendenti. Negli Stati moderni sta ai partiti, che Gramsci paragona al principe di Machiavelli, l'organizzazione, all'interno della società civile, delle forze necessarie per conquistare lo Stato, ma a tale scopo occorre prima ottenere l'egemonia nella società civile: di qui l'importanza degli intellettuali organici alla classe, di cui il partito rappresenta la punta avanzata. Gramsci ritiene che già Lenin avesse elaborato la teoria dell'egemonia, rivalutando ' il fronte della vita culturale ', cioè l'importanza del momento sovrastrutturale. L'egemonia politico-culturale, all'interno di una società, é conseguente alla formazione di quello che Gramsci, mutuando l'espressione da Sorel, definisce blocco storico : in esso le forze materiali sono il contenuto, mentre le ideologie sono la forma; grazie alle ideologie le forze materiali possono essere comprese nella loro specificità storica, mentre senza forze materiali le ideologie sarebbero solo vuote astrazioni. L'elemento popolare, infatti, 'sente', ma non sempre comprende e sa; l'elemento intellettuale, invece, 'sa', ma non sempre 'sente'. L'errore dell'intellettuale sta nel ' credere che si possa sapere ' senza sentire ed essere appassionato, cioè nel credere di poter essere un intellettuale staccato dalle concezioni del mondo e dalle passioni del popolo-nazione: si tratta invece di saper spiegare storicamente e collegare queste visioni del mondo, e le passioni ad esse annesse, a una visione del mondo elaborata scientificamente. Gramsci è convinto che ' La maggior parte degli uomini sono filosofi in quanto operano praticamente e nel loro pratico operare è contenuta implicitamente una concezione del mondo, una filosofia ' ed è altresì convinto che l'attività pratica e quella intellettuale siano indisgiungibili: ' Non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens. Ogni uomo infine, all'infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un "filosofo", un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare. '. Se non avviene il collegamento delle visioni del mondo alla visione scientifica, gli intellettuali si trasformano in una casta o in un sacerdozio; quando, invece, si realizza un'unità organica, si costituisce una nuova forza sociale, un nuovo blocco storico. La politica é il momento di saldatura fra la filosofia, elaborata dagli intellettuali, e il senso comune. La filosofia in grado di fornire la teoria necessaria alla costituzione del nuovo blocco storico, incentrato sulla classe operaia e sull'alleanza coi contadini (da qui lo stemma del Partito Comunista: la falce dei contadini e il martello degli operai), é la filosofia della prassi , cioè il marxismo. Contro la tendenza oggettivistica a fare della dialettica un principio esplicativo sia della natura sia della storia, Gramsci rivendica l'irriducibilità del sapere sociale a quello naturale. La prassi comprende sia la globalità dell'azione umana nel mondo sia la trasformazione rivoluzionaria della realtà. Proprio la tensione rivoluzionaria permette la comprensione dei meccanismi di dominio e dei rapporti tra le classi sociali, nella cui indagine si delinea il pensiero storico e politico di Gramsci. Questo si concentra nella concezione del partito operaio come intellettuale collettivo , erede del compito di unificazione sociale rimasto incompiuto nel Risorgimento; e Gramsci scrive un'opera intitolata proprio 'Il Risorgimento': in essa vengono criticamente analizzati i risultati dei moti che portarono all'unita' d'Italia e se ne denunciano i limiti proprio nella mancata attuazione di una rivoluzione che unisca la borghesia e il proletariato urbano alle campagne. Ad avviso di Gramsci, però, l'egemonia culturale in Italia é rappresentata dalla filosofia di Benedetto Croce, intellettuale organico al blocco storico dominato dalla borghesia. Nei confront i di Croce, egli intendeva in qualche modo compiere l'operazione di rovesciamento compiuta da Marx nei confronti di Hegel. La differenza, però, sta nel fatto che Croce é venuto dopo Marx: gran parte della sua filosofia, infatti, non é che un tentativo, ad avviso di Gramsci, di riassorbire il marxismo e subordinarlo all'idealismo. Individuando la centralità della storia etico-politica, Croce riconosce l'importanza del movimento sovrastrutturale dell'egemonia e, in questo senso, permette di sfuggire alle interpretazioni materialistiche, economicistiche e deterministiche del marxismo. La filosofia della prassi, facendo della concezione crociana della storia etico-politica un canone di ricerca empirica, può fare storia globale, non puramente parziale, cioè solo economica o solo etico-politica. In questo modo, essa si può configurare come vero e proprio storicismo , mentre quello crociano, parlando dello spirito e delle sue attività, rimane ancora imprigionato nelle maglie del linguaggio speculativo e teologico. Come storicismo coerente, la filosofia della prassi può perfino giungere alla conclusione di essere essa stessa un momento storico meramente transitorio, vincolato ad una fase della società, di cui essa esprime coscientemente le contraddizioni. Col passaggio al regno della libertà, cioè al comunismo, é prevedibile che anche la filosofia della prassi arrivi al tramonto per lasciar spazio a nuove forme di pensiero, non più originate dalle contraddizioni, ormai inesistenti nella nuova società comunista, caratterizzata dalla libertà e dall'uguaglianza. Nei Quaderni del carcere Gramsci parla di ' cesarismo ', riferendosi ad un conflitto in cui le due parti interessate sono in equilibrio, tanto che la situazione può solo risolversi con una distruzione reciproca:
' Si può dire che il cesarismo esprime una situazione in cui le forze in lotta si equilibrano in modo catastrofico, cioè si equilibrano in modo che la continuazione della lotta non può concludersi che con la distruzione reciproca. Quando la forza progressiva A lotta con la forza regressiva B, può avvenire non solo che A vinca B o B vinca A, può avvenire anche che non vinca né A né B, ma si svenino reciprocamente e una terza forza C intervenga dall'esterno assoggettando ciò che resta di A e di B. Nell'Italia dopo la morte del Magnifico è appunto successo questo, com'era successo nel mondo antico con le invasioni barbariche. Ma il cesarismo, se esprime sempre la soluzione "arbitrale", affidata a una grande personalità, di una situazione storico-politica caratterizzata da un equilibrio di forze a prospettiva catastrofica, non ha sempre lo stesso significato storico. Ci può essere un cesarismo progressivo e uno regressivo e il significato esatto di ogni forma di cesarismo, in ultima analisi, può essere ricostruito dalla storia concreta e non da uno schema sociologico. È progressivo il cesarismo, quando il suo intervento aiuta la forza progressiva a trionfare sia pure con certi compromessi e temperamenti limitativi della vittoria; è regressivo quando il suo intervento aiuta a trionfare la forza regressiva, anche in questo caso con certi compromessi e limitazioni, che però hanno un valore, una portata e un significato diversi che non nel caso precedente. Cesare e Napoleone I sono esempi di cesarismo progressivo. Napoleone III e Bismarck di cesarismo regressivo. Si tratta di vedere se nella dialettica rivoluzione-restaurazione è l'elemento rivoluzione o quello restaurazione che prevale, poiché è certo che nel movimento storico non si torna mai indietro e non esistono restaurazioni in toto. Del resto il cesarismo è una formula polemico-ideologica e non un canone di interpretazione storica. Si può avere soluzione cesarista anche senza un Cesare, senza una grande personalità "eroica e rappresentativa". Il sistema parlamentare ha dato anch'esso un meccanismo per tali soluzioni di compromesso. '
Il vero nemico contro cui muovere guerra diventa allora l' indifferenza : ' l'indifferenza é il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, é la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perchè inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica '. Il pensiero di Gramsci, dove ideologia, filosofia e prassi politica trovavano una profonda unità, era volto verso la comprensione della reale situazione italiana dell'epoca e nella certezza della possibilità di trasformarla in senso socialista. Gramsci considerava il fascismo come punto massimo di crisi della società borghese (fascismo= massima espressione della dittatura del capitale), poiché alla classe dominante, cui era sfuggita l'egemonia sociale, intellettuale e morale, per la perdita del consenso delle masse, rimaneva solo la forza coercitiva. La valorizzazione del concetto di cultura, non più vista come fatto aristocratico, ma come mezzo per acquistare consapevolezza della realtà, portò Gramsci a elaborare la nozione di "organizzazione della cultura" che metteva in luce la necessità di esplicare rapporti profondi fra organizzazione economico-sociale e visione del mondo, fra lotta di classe e scoperta scientifica e artistica. La convinzione che la cultura aveva le sue radici nel terreno storico-pratico nel quale era contenuta e che quindi vi era identità tra filosofia e storia, lo indusse a polemizzare con l'idealismo di Croce, visto in funzione ideologica di conservazione borghese, e a individuare la funzione del nuovo intellettuale nella società contemporanea come portatore ed elaboratore professionale dell'ideologia del "blocco storico", cioè della forza politica formata dall'unione di una classe con classi o gruppi alleati, di cui egli stesso era espressione. La straordinaria varietà dei suoi interessi, che lo hanno portato dall'esame della storia d'Italia e del Risorgimento alla teoria di uno Stato socialista e del partito che, "moderno principe", doveva promuoverne la realizzazione, ha fatto sì che nel pensiero gramsciano fosse presente gran parte della problematica politico- culturale del secondo dopoguerra. Abbiamo già accennato all'interesse che Gramsci nutre per il Machiavelli quando arriva a dire che i partiti sono come il principe illustrato dal pensatore toscano: Gramsci é anche autore di un ' Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno ' , in cui vengono rovesciate le interpretazioni allora ricorrenti di un Machiavelli precursore dello stato fascista. Gramsci, non senza forzature, vede nel grande politico fiorentino un anticipatore del giacobinismo. Nei quaderni gramsciani il partito stesso assume il ruolo di un "Principe" dominatore e totalitario, quale neppure Machiavelli aveva mai disegnato: " Il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellerato, solo in quanto ha come punto di riferimento il moderno Principe stesso e serve a incrementare il suo potere o a contrastarlo. Il Principe prende il posto, nelle coscienze, della divinità e dell' imperativo categorico, diventa la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume." (Quaderni del carcere) Il partito-Principe si trovava al vertice della piramide sociale e politica del nuovo mondo immaginato da Gramsci. Ma il partito era costituito dagli intellettuali. Essi sarebbero stati il Principe della società rinnovata. " Che tutti i membri di un partito politico debbano essere considerati come intellettuali, ecco un' affermazione che può prestarsi allo scherzo e alla caricatura; pure, se si riflette, niente di più esatto. Sarà da fare distinzione di gradi [...] non è ciò che importa: importa la funzione che è direttiva e organizzativa, cioè educativa, cioè intellettuale " (Quaderni del carcere). Rifuggendo dalle individualistiche torri di avorio, gli intellettuali dovevano immergersi nella vita pratica e trasformarsi in "dirigenti organici di partito", dovevano diventare insomma "intellettuali organici" come si ripeté tanto spesso nei tempi in cui le idee di Gramsci imperavano. La classe operaia, teoricamente posta al centro della storia, non possedeva la capacità di emanciparsi da sola, come già aveva dimostrato Lenin con il suo ‘partito di quadri’. Per affrancarsi dallo sfruttamento capitalistico aveva bisogno del partito e dunque degli "intellettuali organici". Da sola, sarebbe rimasta un corpo privo di testa. " L'innovazione non può diventare di massa, nei suoi primi stadi, se non per il tramite di una élite " (Quaderni del carcere). Ecco una delle ragioni per le quali il Partito comunista ebbe sempre tanto successo fra gli intellettuali: prometteva di risolvere il problema della civiltà nuova affidando proprio a loro posizioni di prestigio e di comando di gran lunga superiori a quelle che essi avevano mai raggiunte nel passato. Gramsci, come accennato con la teoria dell’ egemonia , riduceva la democrazia a un meccanismo "molecolare" di mobilità sociale, a un mero rinsanguamento del gruppo dirigente con elementi provenienti dai gruppi diretti: " Tra i tanti significati di democrazia quello più realistico e concreto mi pare si possa trarre in connessione col concetto di egemonia. Nel sistema egemonico, esiste democrazia tra il gruppo dirigente e i gruppi diretti, nella misura in cui [lo sviluppo dell' economia e quindi] la legislazione [che esprime tale sviluppo] favorisce il passaggio [molecolare] dai gruppi diretti al gruppo dirigente " (Quaderni del carcere).Non vi son dubbi sul fatto che il pensiero di Gramsci fosse innovativo nei confronti del leninismo e dello stesso marxismo, proprio perché poneva in primo piano i valori politici della cultura.: " Si può dire che non solo la filosofia della praxis non esclude la storia etico-politica, ma che anzi la fase più recente di sviluppo di essa consiste appunto nella rivendicazione del momento dell' egemonia come essenziale nella sua concezione statale e nella valorizzazione del fatto culturale, dell' attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici " (Quaderni del carcere). Tuttavia questa valorizzazione dei fatti culturali era posta al servizio di un disegno politico molto lontano dalla democrazia liberale. Ed è sintomatico, a questo proposito, che un comunista come Luciano Gruppi, nel 1976, arrivasse ad ammettere che, restando fedeli al disegno gramsciano, non si poteva arrivare al "pluralismo". Luciano Pellicani, lo studioso che forse più di ogni altro ci ha aiutati a comprendere i limiti di Gramsci, ha sostenuto che restandogli fedeli non soltanto non si poteva arrivare al pluralismo, ma si giungeva addirittura al totalitarismo ecclesiale, vale a dire al monolitismo politico, economico e culturale, l' esatto contrario della società aperta scaturita dal processo di secolarizzazione.Il comunismo è stato una dei più potenti movimenti politico-religiosi di tutti i tempi e Gramsci non si pose mai al di fuori di esso, contribuendo viceversa a irrobustirne le tendenze messianiche. Per spiegarcelo dobbiamo ricorrere a una spiegazione storica, questa volta legata alla grande crisi spirituale prodottasi nel mondo in seguito alla rivoluzione tecnologica. Stava crollando una grande civiltà, quella agricola, durata ben diecimila anni, e la nuova civiltà tecnologica appariva ancora informe, immatura, incapace di sostituirsi all' antica. Si attendeva insomma il messia dei tempi nuovi. I terribili strumenti della prima guerra mondiale, dai gas asfissianti agli aereoplani, avevano per di più svelato come anche il progresso tecnologico possedesse un volto demoniaco, rafforzando di molto le attese messianiche indirizzate verso l' instaurazione di un ordine nuovo, capace di riportare armonia nella civiltà in frantumi. Il giovane Gramsci condivise queste attese e, nella tumultuosa città di Torino, uscì dal suo isolamento di studente sardo, povero, infelice, stringendo legami di amicizia e di partito con tanti altri che, come lui, erano animati da queste eccitanti speranze. Il comunismo avrebbe interpretato la svolta epocale sostituendosi al cristianesimo: " Il Partito è, nell' attuale periodo, la sola istituzione che possa seriamente raffrontarsi alle comunità religiose del cristianesimo primitivo ", ma non certo al fine di perpetuarle. A giudizio di Gramsci il comunismo era anzi " la religione che doveva ammazzare il cristianesimo. Religione nel senso che anch' esso è una fede, che ha i suoi martiri e i suoi pratici; religione perché ha sostituito nelle coscienze al Dio trascendentale dei cattolici la fiducia nell' uomo e nelle sue energie migliori come unica realtà spirituale " (Sotto la mole). In campo estetico-letterario , la tesi centrale di Gramsci è stata l'affermazione del nesso inscindibile che deve unire lo scrittore al popolo, delle cui esigenze materiali e spirituali egli deve farsi interprete (concetto di "intellettuale organico"). Di qui la polemica contro il cosmopolitismo, dovuto all'influsso esercitato dalla Chiesa sulla formazione degli intellettuali italiani, e contro l'apoliticismo, tara storica della cultura italiana dal Rinascimento in avanti; e la duplice, correlativa negazione sia di un'arte cosmica, ispirata ai valori astratti dell'umanità, sia di un'arte pura e individuale, che non si può giustificare, dal momento che i fatti artistici non si producono per partenogenesi, ma "con l'intervento dell'elemento maschile che è dato dalla storia". La letteratura, secondo Gramsci, avrebbe dovuto essere nazionale-popolare, cioè operare una sintesi tra la componente culturale indigena (la "nazione") e le esigenze di conoscenza che vengono dagli strati subalterni (il "popolo"). In questa prospettiva si colloca l'auspicato ritorno a De Sanctis, che Gramsci considerava come il più valido esponente della cultura della borghesia nazionale nella sua fase progressiva, mentre Croce ne rappresentava la fase difensiva e conservatrice. Gramsci scrive: ‘ Il tipo di critica letteraria propria della filosofia della prassi è offerto dal de Sanctis, non dal Croce o da chiunque altro (meno che mai dal Carducci): essa deve fondere la lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo, la critica del costume, dei sentimenti e delle concezioni del mondo, con la critica estetica o puramente artistica nel fervore appassionato, sia pure nella forma del sarcasmo ‘. E bellissimi, dal punto di vista letterario, sono i Quaderni del carcere, in cui Gramsci affronta in forma frammentaria, ma con rigoroso metodo marxista, alcuni fondamentali temi della storia italiana come quello degli intellettuali attivamente impegnati nel dibattito politico e culturale, delle carenze del partito d'azione e dei caratteri della letteratura nazional-popolare. Egli fa inoltre una scrupolosa opera di informazione sull' evolversi della rivoluzione bolscevica in Russia e di sostegno dello stesso movimento. ‘Bisogna impedire a questo cervello di funzionare’ aveva detto Mussolini a proposito di Gramsci e ne aveva ordinato l’arresto e la reclusione; ma con i 32 Quaderni del carcere, in cui, nell’odissea di indicibili sofferenze che lo distrussero nel fisico, era venuto affidando alla scrittura minuta e precisa il frutto delle sue meditazioni (fortunosamente salvati dalla cognata Tatiana Schucht) proponevano alla commossa ammirazione degli uomini di ogni fede una straordinaria testimonianza di consapevolezza storica e di forza morale, un inestimabile patrimonio spirituale, un grande tesoro di cultura; Mussolini si era sbagliato: sì, perché in carcere il cervello di Gramsci funzionò come non mai, con spirito critico degno di un acuto osservatore e di uno spirito caparbio e tenace. Le 'Lettere dal carcere' sono poi uno dei più splendidi e commoventi epistolari della nostra letteratura, hanno messo in luce le qualità di scrittore di Gramsci, la sua intensa umanità, lo straordinario equilibrio con cui seppe affrontare le sofferenze del carcere, che, anche se insostenibili, egli affrontò con cuore sereno: ' il mio stato d'animo é tale che se anche fossi condannato a morte, continuerei a essere tranquillo e anche la sera prima dell'esecuzione magari studierei una lezione di lingua cinese per non cadere più in quegli stati d'animo volgari e banali che si chiamano pessimismo e ottimismo. Il mio stato d'animo sintetizza questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con l'intelligenza, ma ottimista con la volontà '. Anche nella triste e tetra solitudine del carcere egli seppe mantenere la forza e la costanza, senza rinunciare ai suoi ideali, che non stentano a trasparire nelle lettere inviate a familiari e amici: in una lettera al primogenito Delio, lasciato ancora infante, egli scrive: ‘ Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacerti più di ogni altra cosa ‘. Sognare ad occhi aperti o fantasticare per Gramsci è inutile, è prova di mancanza di carattere e di passività: ‘ occorre invece violentemente attirare l’attenzione nel presente così com’è, se si vuole trasformarlo ‘. Gramsci, oltre che di filosofia e di politica, si interessò anche di letteratura e, tra le sue tante riflessioni in merito, è doveroso ricordare quella su ‘I promessi sposi’ di Manzoni : in Letteratura nazionale , dopo aver preso in esame il termine di ‘umili’, Gramsci esamina i seguenti caratteri della posizione del Manzoni nei loro confronti. 1) Lo scrittore lombardo assume un atteggiamento di ‘compatimento’ scherzoso verso di loro, mostrando ‘ condiscendente benevolenza, non medesimezza umana ‘ (a differenza di quanto accade in Tolstoij), un senso di distanza e un ‘ distacco sentimentale ‘. 29 Nega loro ‘ vita interiore ‘, riservandola solo ai potenti, ai colti e ai ricchi: a fare riflessioni profonde sono solo personaggi del calibro dell’ Innominato o di Don Rodrigo, non certo gli umili come Agnese, Lucia o Perpetua. 3) La sua opera è priva di ‘ spirito nazional-popolare ‘e nutrita invece di classicismo distaccato e aulico. 4) Il popolo non è voce di Dio, come in Tolstoij, poiché per il cattolico Manzoni è la mediazione della Chiesa a rappresentare l’unico interprete possibile della parola divina.
' Si può dire che il cesarismo esprime una situazione in cui le forze in lotta si equilibrano in modo catastrofico, cioè si equilibrano in modo che la continuazione della lotta non può concludersi che con la distruzione reciproca. Quando la forza progressiva A lotta con la forza regressiva B, può avvenire non solo che A vinca B o B vinca A, può avvenire anche che non vinca né A né B, ma si svenino reciprocamente e una terza forza C intervenga dall'esterno assoggettando ciò che resta di A e di B. Nell'Italia dopo la morte del Magnifico è appunto successo questo, com'era successo nel mondo antico con le invasioni barbariche. Ma il cesarismo, se esprime sempre la soluzione "arbitrale", affidata a una grande personalità, di una situazione storico-politica caratterizzata da un equilibrio di forze a prospettiva catastrofica, non ha sempre lo stesso significato storico. Ci può essere un cesarismo progressivo e uno regressivo e il significato esatto di ogni forma di cesarismo, in ultima analisi, può essere ricostruito dalla storia concreta e non da uno schema sociologico. È progressivo il cesarismo, quando il suo intervento aiuta la forza progressiva a trionfare sia pure con certi compromessi e temperamenti limitativi della vittoria; è regressivo quando il suo intervento aiuta a trionfare la forza regressiva, anche in questo caso con certi compromessi e limitazioni, che però hanno un valore, una portata e un significato diversi che non nel caso precedente. Cesare e Napoleone I sono esempi di cesarismo progressivo. Napoleone III e Bismarck di cesarismo regressivo. Si tratta di vedere se nella dialettica rivoluzione-restaurazione è l'elemento rivoluzione o quello restaurazione che prevale, poiché è certo che nel movimento storico non si torna mai indietro e non esistono restaurazioni in toto. Del resto il cesarismo è una formula polemico-ideologica e non un canone di interpretazione storica. Si può avere soluzione cesarista anche senza un Cesare, senza una grande personalità "eroica e rappresentativa". Il sistema parlamentare ha dato anch'esso un meccanismo per tali soluzioni di compromesso. '
Il vero nemico contro cui muovere guerra diventa allora l' indifferenza : ' l'indifferenza é il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, é la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perchè inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica '. Il pensiero di Gramsci, dove ideologia, filosofia e prassi politica trovavano una profonda unità, era volto verso la comprensione della reale situazione italiana dell'epoca e nella certezza della possibilità di trasformarla in senso socialista. Gramsci considerava il fascismo come punto massimo di crisi della società borghese (fascismo= massima espressione della dittatura del capitale), poiché alla classe dominante, cui era sfuggita l'egemonia sociale, intellettuale e morale, per la perdita del consenso delle masse, rimaneva solo la forza coercitiva. La valorizzazione del concetto di cultura, non più vista come fatto aristocratico, ma come mezzo per acquistare consapevolezza della realtà, portò Gramsci a elaborare la nozione di "organizzazione della cultura" che metteva in luce la necessità di esplicare rapporti profondi fra organizzazione economico-sociale e visione del mondo, fra lotta di classe e scoperta scientifica e artistica. La convinzione che la cultura aveva le sue radici nel terreno storico-pratico nel quale era contenuta e che quindi vi era identità tra filosofia e storia, lo indusse a polemizzare con l'idealismo di Croce, visto in funzione ideologica di conservazione borghese, e a individuare la funzione del nuovo intellettuale nella società contemporanea come portatore ed elaboratore professionale dell'ideologia del "blocco storico", cioè della forza politica formata dall'unione di una classe con classi o gruppi alleati, di cui egli stesso era espressione. La straordinaria varietà dei suoi interessi, che lo hanno portato dall'esame della storia d'Italia e del Risorgimento alla teoria di uno Stato socialista e del partito che, "moderno principe", doveva promuoverne la realizzazione, ha fatto sì che nel pensiero gramsciano fosse presente gran parte della problematica politico- culturale del secondo dopoguerra. Abbiamo già accennato all'interesse che Gramsci nutre per il Machiavelli quando arriva a dire che i partiti sono come il principe illustrato dal pensatore toscano: Gramsci é anche autore di un ' Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno ' , in cui vengono rovesciate le interpretazioni allora ricorrenti di un Machiavelli precursore dello stato fascista. Gramsci, non senza forzature, vede nel grande politico fiorentino un anticipatore del giacobinismo. Nei quaderni gramsciani il partito stesso assume il ruolo di un "Principe" dominatore e totalitario, quale neppure Machiavelli aveva mai disegnato: " Il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellerato, solo in quanto ha come punto di riferimento il moderno Principe stesso e serve a incrementare il suo potere o a contrastarlo. Il Principe prende il posto, nelle coscienze, della divinità e dell' imperativo categorico, diventa la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume." (Quaderni del carcere) Il partito-Principe si trovava al vertice della piramide sociale e politica del nuovo mondo immaginato da Gramsci. Ma il partito era costituito dagli intellettuali. Essi sarebbero stati il Principe della società rinnovata. " Che tutti i membri di un partito politico debbano essere considerati come intellettuali, ecco un' affermazione che può prestarsi allo scherzo e alla caricatura; pure, se si riflette, niente di più esatto. Sarà da fare distinzione di gradi [...] non è ciò che importa: importa la funzione che è direttiva e organizzativa, cioè educativa, cioè intellettuale " (Quaderni del carcere). Rifuggendo dalle individualistiche torri di avorio, gli intellettuali dovevano immergersi nella vita pratica e trasformarsi in "dirigenti organici di partito", dovevano diventare insomma "intellettuali organici" come si ripeté tanto spesso nei tempi in cui le idee di Gramsci imperavano. La classe operaia, teoricamente posta al centro della storia, non possedeva la capacità di emanciparsi da sola, come già aveva dimostrato Lenin con il suo ‘partito di quadri’. Per affrancarsi dallo sfruttamento capitalistico aveva bisogno del partito e dunque degli "intellettuali organici". Da sola, sarebbe rimasta un corpo privo di testa. " L'innovazione non può diventare di massa, nei suoi primi stadi, se non per il tramite di una élite " (Quaderni del carcere). Ecco una delle ragioni per le quali il Partito comunista ebbe sempre tanto successo fra gli intellettuali: prometteva di risolvere il problema della civiltà nuova affidando proprio a loro posizioni di prestigio e di comando di gran lunga superiori a quelle che essi avevano mai raggiunte nel passato. Gramsci, come accennato con la teoria dell’ egemonia , riduceva la democrazia a un meccanismo "molecolare" di mobilità sociale, a un mero rinsanguamento del gruppo dirigente con elementi provenienti dai gruppi diretti: " Tra i tanti significati di democrazia quello più realistico e concreto mi pare si possa trarre in connessione col concetto di egemonia. Nel sistema egemonico, esiste democrazia tra il gruppo dirigente e i gruppi diretti, nella misura in cui [lo sviluppo dell' economia e quindi] la legislazione [che esprime tale sviluppo] favorisce il passaggio [molecolare] dai gruppi diretti al gruppo dirigente " (Quaderni del carcere).Non vi son dubbi sul fatto che il pensiero di Gramsci fosse innovativo nei confronti del leninismo e dello stesso marxismo, proprio perché poneva in primo piano i valori politici della cultura.: " Si può dire che non solo la filosofia della praxis non esclude la storia etico-politica, ma che anzi la fase più recente di sviluppo di essa consiste appunto nella rivendicazione del momento dell' egemonia come essenziale nella sua concezione statale e nella valorizzazione del fatto culturale, dell' attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici " (Quaderni del carcere). Tuttavia questa valorizzazione dei fatti culturali era posta al servizio di un disegno politico molto lontano dalla democrazia liberale. Ed è sintomatico, a questo proposito, che un comunista come Luciano Gruppi, nel 1976, arrivasse ad ammettere che, restando fedeli al disegno gramsciano, non si poteva arrivare al "pluralismo". Luciano Pellicani, lo studioso che forse più di ogni altro ci ha aiutati a comprendere i limiti di Gramsci, ha sostenuto che restandogli fedeli non soltanto non si poteva arrivare al pluralismo, ma si giungeva addirittura al totalitarismo ecclesiale, vale a dire al monolitismo politico, economico e culturale, l' esatto contrario della società aperta scaturita dal processo di secolarizzazione.Il comunismo è stato una dei più potenti movimenti politico-religiosi di tutti i tempi e Gramsci non si pose mai al di fuori di esso, contribuendo viceversa a irrobustirne le tendenze messianiche. Per spiegarcelo dobbiamo ricorrere a una spiegazione storica, questa volta legata alla grande crisi spirituale prodottasi nel mondo in seguito alla rivoluzione tecnologica. Stava crollando una grande civiltà, quella agricola, durata ben diecimila anni, e la nuova civiltà tecnologica appariva ancora informe, immatura, incapace di sostituirsi all' antica. Si attendeva insomma il messia dei tempi nuovi. I terribili strumenti della prima guerra mondiale, dai gas asfissianti agli aereoplani, avevano per di più svelato come anche il progresso tecnologico possedesse un volto demoniaco, rafforzando di molto le attese messianiche indirizzate verso l' instaurazione di un ordine nuovo, capace di riportare armonia nella civiltà in frantumi. Il giovane Gramsci condivise queste attese e, nella tumultuosa città di Torino, uscì dal suo isolamento di studente sardo, povero, infelice, stringendo legami di amicizia e di partito con tanti altri che, come lui, erano animati da queste eccitanti speranze. Il comunismo avrebbe interpretato la svolta epocale sostituendosi al cristianesimo: " Il Partito è, nell' attuale periodo, la sola istituzione che possa seriamente raffrontarsi alle comunità religiose del cristianesimo primitivo ", ma non certo al fine di perpetuarle. A giudizio di Gramsci il comunismo era anzi " la religione che doveva ammazzare il cristianesimo. Religione nel senso che anch' esso è una fede, che ha i suoi martiri e i suoi pratici; religione perché ha sostituito nelle coscienze al Dio trascendentale dei cattolici la fiducia nell' uomo e nelle sue energie migliori come unica realtà spirituale " (Sotto la mole). In campo estetico-letterario , la tesi centrale di Gramsci è stata l'affermazione del nesso inscindibile che deve unire lo scrittore al popolo, delle cui esigenze materiali e spirituali egli deve farsi interprete (concetto di "intellettuale organico"). Di qui la polemica contro il cosmopolitismo, dovuto all'influsso esercitato dalla Chiesa sulla formazione degli intellettuali italiani, e contro l'apoliticismo, tara storica della cultura italiana dal Rinascimento in avanti; e la duplice, correlativa negazione sia di un'arte cosmica, ispirata ai valori astratti dell'umanità, sia di un'arte pura e individuale, che non si può giustificare, dal momento che i fatti artistici non si producono per partenogenesi, ma "con l'intervento dell'elemento maschile che è dato dalla storia". La letteratura, secondo Gramsci, avrebbe dovuto essere nazionale-popolare, cioè operare una sintesi tra la componente culturale indigena (la "nazione") e le esigenze di conoscenza che vengono dagli strati subalterni (il "popolo"). In questa prospettiva si colloca l'auspicato ritorno a De Sanctis, che Gramsci considerava come il più valido esponente della cultura della borghesia nazionale nella sua fase progressiva, mentre Croce ne rappresentava la fase difensiva e conservatrice. Gramsci scrive: ‘ Il tipo di critica letteraria propria della filosofia della prassi è offerto dal de Sanctis, non dal Croce o da chiunque altro (meno che mai dal Carducci): essa deve fondere la lotta per una nuova cultura, cioè per un nuovo umanesimo, la critica del costume, dei sentimenti e delle concezioni del mondo, con la critica estetica o puramente artistica nel fervore appassionato, sia pure nella forma del sarcasmo ‘. E bellissimi, dal punto di vista letterario, sono i Quaderni del carcere, in cui Gramsci affronta in forma frammentaria, ma con rigoroso metodo marxista, alcuni fondamentali temi della storia italiana come quello degli intellettuali attivamente impegnati nel dibattito politico e culturale, delle carenze del partito d'azione e dei caratteri della letteratura nazional-popolare. Egli fa inoltre una scrupolosa opera di informazione sull' evolversi della rivoluzione bolscevica in Russia e di sostegno dello stesso movimento. ‘Bisogna impedire a questo cervello di funzionare’ aveva detto Mussolini a proposito di Gramsci e ne aveva ordinato l’arresto e la reclusione; ma con i 32 Quaderni del carcere, in cui, nell’odissea di indicibili sofferenze che lo distrussero nel fisico, era venuto affidando alla scrittura minuta e precisa il frutto delle sue meditazioni (fortunosamente salvati dalla cognata Tatiana Schucht) proponevano alla commossa ammirazione degli uomini di ogni fede una straordinaria testimonianza di consapevolezza storica e di forza morale, un inestimabile patrimonio spirituale, un grande tesoro di cultura; Mussolini si era sbagliato: sì, perché in carcere il cervello di Gramsci funzionò come non mai, con spirito critico degno di un acuto osservatore e di uno spirito caparbio e tenace. Le 'Lettere dal carcere' sono poi uno dei più splendidi e commoventi epistolari della nostra letteratura, hanno messo in luce le qualità di scrittore di Gramsci, la sua intensa umanità, lo straordinario equilibrio con cui seppe affrontare le sofferenze del carcere, che, anche se insostenibili, egli affrontò con cuore sereno: ' il mio stato d'animo é tale che se anche fossi condannato a morte, continuerei a essere tranquillo e anche la sera prima dell'esecuzione magari studierei una lezione di lingua cinese per non cadere più in quegli stati d'animo volgari e banali che si chiamano pessimismo e ottimismo. Il mio stato d'animo sintetizza questi due sentimenti e li supera: sono pessimista con l'intelligenza, ma ottimista con la volontà '. Anche nella triste e tetra solitudine del carcere egli seppe mantenere la forza e la costanza, senza rinunciare ai suoi ideali, che non stentano a trasparire nelle lettere inviate a familiari e amici: in una lettera al primogenito Delio, lasciato ancora infante, egli scrive: ‘ Io penso che la storia ti piace, come piaceva a me quando avevo la tua età, perché riguarda gli uomini viventi e tutto ciò che riguarda gli uomini, quanti più uomini è possibile, tutti gli uomini del mondo in quanto si uniscono tra loro in società e lavorano e lottano e migliorano se stessi, non può non piacerti più di ogni altra cosa ‘. Sognare ad occhi aperti o fantasticare per Gramsci è inutile, è prova di mancanza di carattere e di passività: ‘ occorre invece violentemente attirare l’attenzione nel presente così com’è, se si vuole trasformarlo ‘. Gramsci, oltre che di filosofia e di politica, si interessò anche di letteratura e, tra le sue tante riflessioni in merito, è doveroso ricordare quella su ‘I promessi sposi’ di Manzoni : in Letteratura nazionale , dopo aver preso in esame il termine di ‘umili’, Gramsci esamina i seguenti caratteri della posizione del Manzoni nei loro confronti. 1) Lo scrittore lombardo assume un atteggiamento di ‘compatimento’ scherzoso verso di loro, mostrando ‘ condiscendente benevolenza, non medesimezza umana ‘ (a differenza di quanto accade in Tolstoij), un senso di distanza e un ‘ distacco sentimentale ‘. 29 Nega loro ‘ vita interiore ‘, riservandola solo ai potenti, ai colti e ai ricchi: a fare riflessioni profonde sono solo personaggi del calibro dell’ Innominato o di Don Rodrigo, non certo gli umili come Agnese, Lucia o Perpetua. 3) La sua opera è priva di ‘ spirito nazional-popolare ‘e nutrita invece di classicismo distaccato e aulico. 4) Il popolo non è voce di Dio, come in Tolstoij, poiché per il cattolico Manzoni è la mediazione della Chiesa a rappresentare l’unico interprete possibile della parola divina.
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